Di Giacomo Puccini
Opera – ballo in due atti
Libretto di Ferdinando Fontana
Direttore Riccardo Frizza
Regia Pier Francesco Maestrini
Scene Guillermo Nova
Costumi Luca Dell'Alpi
Coreografia Michele Cosentino
Luci Bruno Ciulli
Assistente ai costumi Laura Viglione
Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Maestro del coro Ulisse Trabacchin
Nuovo allestimento Teatro Regio Torino
Personaggi e interpreti
Anna, figlia di Guglielmo Roberta Mantegna
Roberto Azer Zada
Guglielmo Wulf Simone Piazzola
Torino, Teatro Regio, 21 aprile 2024
L’anniversario pucciniano porta in dote molte produzioni dei capolavori del maestro, ma anche, fortunatamente, la possibilità di ascoltare suoi titoli desueti. Così, il teatro Regio di Torino, dopo La rondine e La fanciulla del west, rende omaggio al grande compositore con un nuovo allestimento de Le villi, il suo primo, tormentato lavoro. Come noto, l’opera ballo, con il titolo Le willis, fu scartata al concorso dell’editore Sonzogno del 1883. L’allora ventiseienne Puccini - grazie anche alla stima di Ponchielli, Boito e Catalani - riprese in mano la partitura e, con un procedimento che tornerà nella sua carriera, la rimaneggiò più volte, fino a dargli la forma che viene normalmente eseguita. La prima assoluta andò in scena con vivo successo nel 1884 al Teatro Dal Verme di Milano. Opera breve, della durata di poco più di un’ora, a Torino è stata proposta con una pausa nel mezzo, come avvenne alla prima al Regio del 26 dicembre di quello stesso 1884. Proprio in questa occasione assunse il titolo Le villi, la struttura in due atti e si arricchì di tre ulteriori numeri musicali (a fronte dei sette della primissima versione). La famosa aria del tenore, “Torna ai felici dì” fu invece aggiunta nel 1885 per le recite alla Scala. Le villi costituisce l’esordio di uno dei maggiori compositori della storia e, come tale, già ne rivela il genio, pur essendo molto diversa dal Puccini più popolare della maturità. Figlia del clima decadente e scapigliato della Milano dell’epoca, l’opera presenta anzitutto un soggetto di tipo fantastico leggendario che, di fatto, resterà un unicum nel suo catalogo. La personalità artistica del compositore si rivela certamente nella facilità melodica di cui sarà poi sempre generoso, ma soprattutto nella perizia di sinfonista che esibisce, magari anche a discapito delle voci (l’orchestrazione è a tratti davvero importante). Così, Riccardo Frizza, sul podio di un’ottima orchestra del Regio, ha il merito di porre in luce tutta la densità sinfonica del giovane Puccini, il suo innegabile debito a Wagner, ma lo fa alleggerendo la scrittura orchestrale al fine di estrarne le linee di canto: l’esito è di avvolgere la narrazione in atmosfere soffuse e malinconiche, molto lontane da quel greve romanticismo di riporto che pure aleggia sull’ispirazione pucciniana. Si fanno apprezzare la leggerezza dell’incipit dell’opera e la sbozzata aura verdiana che caratterizza l’inizio del secondo atto, così come ovunque è preciso il gioco di sfumature chiaroscurali e cromatiche. Nel cast, si impone la prova di Simone Piazzola, il cui timbro di bel colore chiaro e omogeneo è messo a servizio di un interprete misurato e convincente. Roberta Mantegna, che abbiamo appezzato più volte in altre produzioni, non è perfettamente a suo agio nella scrittura di Anna: viene comunque a capo del ruolo con onore, facendo leva sull’innegabile fascino timbrico e su un accento partecipe. Non convince invece Azer Zada nei panni di Roberto: la voce, pur di bel colore, è piccola per il ruolo e l’interprete è generico. Lodevole, per compattezza e precisione, la prova del coro, istruito da Ulisse Trabacchin. La regia di Pier Francesco Maestrini parte con un quadro abbastanza convenzionale, nel suo esibito decorativismo tardo ottocentesco. Prende poi quota in corso d’opera, trovando soluzioni di indubbia suggestione visiva che ben si adattano allo spirito goticheggiante e onirico dell’opera. Contribuiscono a tal fine le belle scene di Guillermo Nova, i lussuosi costumi di Luca Dall’Alpi e le luci di Bruno Ciulli, così come le coreografie di Michele Consentino, così importanti in quella che si definisce “opera -ballo”. Fabio Larovere