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RICCARDO III – regia Luca Ariano

"Riccardo III", regia Luca Ariano. Foto Manuela Giusto "Riccardo III", regia Luca Ariano. Foto Manuela Giusto

di William Shakespeare
progetto di Luca Ariano e Pietro Faiella
regia Luca Ariano
con Pietro Faiella, Roberto Baldassari, Gilda Deianira Ciao, Romina Delmonte, Luca Di Capua,
Lucia Fiocco, Mirko Lorusso, Liliana Massari, Alessandro Moser
aiuto regia, traduzione e adattamento Natalia Magni
scene Luca Ariano con la collaborazione di Alessandra Solimene
costumi Elisa Leclè
disegno luci Luca Ariano
assistente alla regia Tessa Perrone
foto di Manuela Giusto
produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale in collaborazione con Lubox
Roma – Teatro India 22 ottobre – 10 novembre 2024

www.Sipario.it, 3 novembre 2024

Un Riccardo III manipolatore e solo quello in scena al Teatro India, in una versione bellissima e un’idea interpretativa singolare: ridurre il cattivo shakespeariano per eccellenza a demiurgo che tutto crea. Non per il bene, ma per il male. E qui la sua défaillance: nel credere che ciò che fa, per sé e a danno di altri, sia l’unica soluzione possibile, partendo da una premessa tanto semplice quanto ridicola: dato che sono brutto, deforme, e che la mia mente non è fatta per godere dei piaceri, sarò malvagio.

Un sovrano sciocco dal regno labile e breve.

In cosa consiste la stupidità di Riccardo? Nel pensare di essere il padrone assoluto e indiscutibile di vite e destini. Ha ucciso chiunque gli ostacolasse l’ascesa al potere, mostrandosi sensibile, con buoni sentimenti. Ma è un lupo.

Da questa idea, l’intera scenografia ne consegue: bianca, fatta di pannelli che si aprono man mano che entrano i personaggi. Il tutto avviene a un cenno di mano di Riccardo. Regine, amici, complici, nipoti e fratelli fanno il loro ingresso per poi andar via. 

Riccardo è sempre un passo avanti a loro, come posizione sul palco. E quando si mette di fronte ai suoi interlocutori, si ha sempre la sensazione che sia esterno alla storia raccontata. Perché egli considera tutti sue creature.

Ma quando indosserà la corona, diventando finalmente sovrano, ecco le cose cambiare.

A un suo gesto, le porte non si apriranno più subito; i personaggi non entreranno più come obbedendo a un mago, perché iniziano a prendere consapevolezza di avere una vita.

Riccardo si rende conto di ciò che sta avvenendo, ma continua come nulla fosse.

Perché ha basato la sua vita su una scommessa e non può alzarsi dal tavolo da gioco sul più bello. “Un cavallo. Il mio regno per un cavallo”. Una battuta che in questa rilettura è importante più per il possesso che per gusto del rischio.

E il finale, quando Riccardo sta per essere ucciso, con le note di My way come colonna sonora, assume le tinte di un grottesco severo, senza pentimento. Riccardo non può rimpiangere la sua creazione, ma si rifiuta di riconoscerle una sua vita. La malinconia del brano di Sinatra per ciò che lascia, fa da controcanto all’alterigia sfrontata del personaggio di Shakespeare, il quale non vuole morire: egli pretende l’eternità.

Pietro Faiella ha dato vita a un Riccardo III eccezionale. Attore espressivo, elegante, mattatore senza mai risultare invadente, con le sue occhiate luciferine rivolte al pubblico e a sé stesso, con una voce cruda e melliflua, potente e mai aggressiva o sopra i toni: questo attore, grazie alle sue doti espressive e mimiche, incluse quelle di ritmica delle battute, ha realizzato un Riccardo pieno di umanità: un’umanità malata, che pensa di essere onnipotente, egoista.

E quel “Un cavallo, il mio regno per un cavallo” recitato da Faiella quasi a voler dire: “Cosa sto chiedendo mai?”, è il tocco di genio recitativo che ha reso questa versione di Riccardo III notevole e sorprendente nella sua essenzialità piena di eleganza. 

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Lunedì, 04 Novembre 2024 22:48

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