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LAGO DEI CIGNI (IL) - Coreografia di Marius Petipa e Lev Ivanov. Messa in scena e integrazioni coreografiche di Alexei Ratmansky

"Il lago dei cigni", Messa in scena e integrazioni coreografiche di Alexei Ratmansky "Il lago dei cigni", Messa in scena e integrazioni coreografiche di Alexei Ratmansky Nicoletta Manni Timofej Andrijashenko e il corpo di ballo. Foto Brescia e Amisano Teatro alla Scala

Balletto in tre atti
Coreografia di Marius Petipa e Lev Ivanov. Messa in scena e integrazioni coreografiche di Alexei Ratmansky.
Musica di Pëtr Il'ič Čajkovskij. Scene e costumi di Jérôme Kaplan. Luci di Martin Gebhardt.
Con: Nicoletta Manni, Timofej Andrijashenko, Vittoria Valerio, Claudio Coviello, Martina Arduino, Nicola Del Freo, Christian Fagetti, Marco Agostino, Walter Madau, il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto da Mauro Bigonzetti e la partecipazione degli allievi della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala diretta da Frédéric Olivieri.
Coproduzione tra Opernhaus Zurich e Teatro alla Scala. Orchestra del Teatro alla Scala. Direttore: Michail Jurowski.
MILANO, Teatro alla Scala, dal 30 giugno al 15 luglio 2016

www.Sipario.it, 18 luglio 2016

L'ineludibile elogio delle origini

Dopo due anni dalle ultime rappresentazioni del Lago dei cigni nella storica versione firmata da Rudolf Nureyev, torna sul palco del Piermarini l'amatissimo balletto di Čajkovskij in una veste preziosa e fuori dell'ordinario.
Realizzato in coproduzione con Opernhaus Zürich, questo Lago è un vero debutto per i danzatori scaligeri impegnati a portare sulla scena il lungo, lodevole e indispensabile lavoro di studio che il coreografo Alexei Ratmansky conduce da anni sulle notazioni Stepanov - sistema elaborato nel 1892 da Vladimir Stepanov, membro del Balletto Imperiale di San Pietroburgo, volto a trascrivere e codificare i dettagli delle coreografie - e su altri documenti del tempo mosso dal pregevole intento di riportare i grandi titoli del repertorio ballettistico ottocentesco alle originarie strutture coreografiche.
In questo caso la capacità artistica del coreografo russo ha avuto il merito di volgere lo sguardo al primo balletto di Čajkovskij e in particolare a quella storica prima del 1895 al Teatro Mariinsky di San Pietroburgo che, com'è noto, consentì al balletto di dimenticare le nefaste vicende della prima edizione del 1877 al Teatro Bolshoi di Mosca.
Un encomiabile avvicinamento alla coreografia di Marius Petipa e Lev Ivanov non privo di talune difficoltà che qualsiasi lavoro di ricostruzione reca ma che Ratmansky colma magistralmente in una intelaiatura coreografica di assoluto pregio.
"Non posso promettere che Il lago dei cigni zurighese e scaligero sarà identico a quello del 1895 - dichiarava il coreografo in un'intervista rilasciata a Michael Küster lo scorso mese di febbraio in occasione della prima rappresentazione all'Opernhaus di Zurigo e pubblicata nel relativo programma di sala - forse non possiamo neppure chiamarla ricostruzione, dato che non ricostruiamo né la scenografia, né i costumi, e non abbiamo neppure lo stesso numero di ballerini [... ma] nel momento in cui devo mettere in scena Il lago dei cigni, intendo aderire quanto più possibile all'intento di Petipa, che è fissato nella notazione. Spesso questa non è completa: per i passaggi mancanti occorre farsi venire delle idee e immaginare che cosa potrebbe aver fatto Petipa in quel punto [...]. Non possiamo sapere come fosse esattamente Il lago dei cigni del 1895. Posso assicurare che ho visionato tutti i materiali d'archivio disponibili. Con l'aiuto della notazione e di altre fonti siamo in grado di avvicinarci quanto più possibile all'originale e di farci un'idea di come fosse la coreografia del primo allestimento".
Con questo orientamento torna a rivivere, quindi, il grande classico del balletto eviscerato delle tipizzazioni e peculiarità ascrivibili alle plurime tradizioni sedimentate su questo capolavoro. Un primo, evidente e singolare ambito che il più attento ballettomane sperimenta è la velocità conferita alla musica; essa abbandona quella esorbitante lentezza cui siamo abituati da lungo tempo - per via delle virtuosistiche esigenze dei danzatori - per abbracciare, di converso, i tempi originali di Čajkovskij qui affidati all'Orchestra del Teatro alla Scala diretta da Michail Jurowski. Un aspetto cruciale, questo, che restituisce, per di più, una partitura più breve come indicato nella versione firmata da Riccardo Drigo in illo tempore.
Il profilo che, però, forse suscita la meraviglia più grande negli appassionati di balletto è la scoperta di una nuova ballerina-cigno non più cristallizzata nelle emblematiche imitazioni di un cigno ma vigorosamente radicata nell'umano. Una scoperta di rilievo, questa, accompagnata dall'introduzione di cigni bambini, cigni neri e dalla preponderante presenza degli amici del principe nelle scene con i cigni.

In questa pregevole prospettiva di ritorno alle origini il Teatro alla Scala coinvolge primi ballerini, solisti e corpo di ballo conferendo vigore ad una troupe in ottima forma.
Per la prima rappresentazione a ricoprire il ruolo che in quella storica serata del 1895 fu di Pierina Legnani troviamo Nicoletta Manni. La prima ballerina scaligera consegna un'Odette di grande scintillio in cui proliferano estensioni contenute, linee curve, attitude con allungamenti moderati - come richiesto dal pregevole lavoro di avvicinamento alla versione originale - e port de bras opportunamente modulati, pregni di delicata sensibilità e mai sfociati nelle emblematiche e tradizionali definizioni che richiamano i movimenti delle ali dei nivei uccelli. Riconfermata anche in questa occasione la proverbiale disinvoltura e precisione tecnica innestata in un rilevante assetto interpretativo messo in valore sia nel ruolo di Odette che in quello di Odile. Timofej Andrijashenko è il suo avvenente principe che emerge con particolare rilievo nel minuzioso lavoro dei piedi e negli afflati interpretativi che tratteggiano l'invito alla caccia notturna capace di spalancare, com'è noto, i sentieri di quell'inaspettato che coinvolge e rinvigorisce l'incedere nell'umano. Di pregio, nel secondo quadro del primo atto, il singolare pas de trois che suggella l'amore di Odette e Siegfried alla presenza di Benno, il migliore amico del principe - qui destramente interpretato da Christian Fagetti - che affianca, sostiene e interviene nell'idilliaca relazione dei due amanti.

Nella seconda rappresentazione un'ulteriore preziosità scaligera consente di rispolverare con preponderanza visioni d'antan per merito di una partnership di prim'ordine: Vittoria Valerio e Claudio Coviello.
Con lei Odette gode del singolare, preminente e minuzioso lavoro dei movimenti del torso e del capo che definiscono la peculiarità di un ruolo che in questa versione guadagna quella diversità destinata a riabilitare il personaggio incorniciato da Petipa e Ivanov. Superato anche l'arduo impegno volto a restituire la lunga e reiterata pantomima del balletto nei dialoghi, nelle suppliche e nell'estremo atto d'amore che chiude il capolavoro cajkovskiano.
Al suo fianco il fiore all'occhiello della compagnia milanese: con Claudio Coviello il Principe Siegfried è ancorato a quella naturalezza palesata fin dal primo dialogo con la madre in cui i turbamenti riescono a guadagnare spazio nel suo giovane sguardo. Considerevole l'esecuzione dell'unica variazione che in questa versione è concessa al Principe e che è il preludio del profondissimo sconforto che chiude il secondo atto. Degna di nota la scène finale - che nella versione di Riccardo Drigo vede imperare il brano n. 15 Un poco di Chopin tratto dai "18 Morceaux per pianoforte, op. 72" di Čajkovskij - in cui Vittoria Valerio evidenzia con maestria l'afflizione procurata dal suo amato in preziosissimi abbandoni delle membra incasellati nelle strutture coreografiche che chiudono il dialogo con Siegfried prima dell'idilliaco trionfo delle due anime.

Quantunque non si tratti di una ricostruzione è altresì vero che l'allestimento firmato da Jérôme Kaplan restituisce con sorprendente prossimità le linee essenziali del bozzetto originale di M. I. Bočarëv per il II atto del Lago del 1895 ed opta per tutù lontanissimi dalla emblematica figura della ballerina-cigno ma rivelatori del lungo e lodevole lavoro sui costumi originali: il risultato è straordinario!
Da menzionare lo splendido gioco coreografico che intesse il valzer del primo atto ripreso facendo riferimento alle annotazioni e ai disegni autografi di Petipa in cui compaiono sgabellini, cesti, nastri e finanche l'albero di calendimaggio che supporta e completa una struttura coreografica sobria, lineare, di pregio.

Con questa nuova produzione - in programma per il prossimo mese di novembre al Palais des Congrès di Parigi e nella nuova stagione al Piermarini - prosegue, dunque, l'intento condiviso dal Teatro alla Scala di conferire vigore e valorizzare il recupero dei classici del repertorio ballettistico ottocentesco e che ci si auspica possa continuare a riempire i cartelloni delle prossime stagioni: lo studio e la riflessione sul corso storico impongono questo orientamento.

Vito Lentini

Ultima modifica il Lunedì, 18 Luglio 2016 05:04

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