Dark Meadow Suite; Ekstasis; Chronicle
Coreografia: Martha Graham
Lamentation Variations
Coreografie: Doug Varone, Aszure Barton, Larry Keigwin
Musiche: Maurice Ravel, George Crumb, Frédéric Chopin
Direttrice artistica: Janet Eilber
Lussemburgo, Gran Teatro 3 Febbraio 2017
Buon Compleanno Martha Graham!
La Martha Graham Dance Company festeggia il suo 90° compleanno con una grande tournée
90 anni in 90 secondi questo il titolo del breve filmato che raccoglie più di 200 immagini di repertorio della madre della Modern Dance e della sua compagnia, con il quale la direttrice artistica Janet Eilber ha voluto dare inizio al bello spettacolo, in questi giorni in tournée, che celebra i 90 anni della compagnia americana. Prima tappa il Gran Teatro di Lussemburgo a cui farà seguito Olanda, Germania, Canada, Florida e Taiwan.
«La prima mattina che arrivai in classe pensai – scrive Martha Graham nel 1949 – "non voglio insegnare nulla di quello che so". Basta col danzare dei personaggi. Non volevo iniziare né con dei personaggi, né con delle idee, ma con il movimento (...). Volevo dei movimenti significativi. Non volevo che fossero belli e fluidi (...). Volevo che fossero pregni di significato interiore, di eccitazione e di slancio». Quel significato interiore, di cui parla la pioniera della modern dance, risuona di fronte alla visione di ognuno dei pezzi presentati in programma: da Dark meadow Suite del 1946, a Exstasis del 1933 ricostruito magistralmente dalla documentazione fotografica raccolta da Virginie Mécène, fino al sempre toccante e immenso Chronicle del 1936, composto da tre momenti Spectre, Steps in the Street e Prelude to Action.
Rivoluzionaria al balletto accademico e lontana dalla danza libera duncaniana, Martha Graham guarda oltre: studia il corpo e le possibilità di espressione del movimento attraverso un training necessario ad ogni danzatore. Solo attraverso questo percorso, segnato dalla tecnica, si poteva arrivare ad una danza espressiva. La tecnica, che è stata alla base della rivoluzione della modern dance e a cui hanno guardato molti coreografi posteriori, è ben evidente nei lavori della Graham dai quali traeva, ogni volta, nuovi esercizi e nuove figure. La coreografa americana parte dalle ripercussioni che i movimenti, legati all'atto di inspirare e espirare, avevano sull'autonomia dell'intero corpo, coinvolgendo muscoli e scheletro: la contraction-release. In opposizione all'elevazione del balletto accademico, la Graham sceglie di far cadere i suoi danzatori, concependo il terreno come partner per ricevere la spinta necessaria a risalire. Il fine della pioniera della modern dance, non è quello di rappresentare un avvenimento o una storia particolare, ma affermare la vita attraverso il movimento; questo deve essere carico di tensione emotiva e di senso, percorre tutto il corpo del danzatore: una contrazione espressiva che arriva fino al volto e che si irradia nelle mani, irrigidite in pugni o tese in lunghe linee e usate come una sorta di sensori. Martha Graham modella un corpo- forma che assorbe l'energie dello spazio, le recepisce per poi liberarle in quegli affondi e quelle cadute, in una sorta di gioco di scambio tra corpo e spazio. Un corpo, quindi, presente e stabile, che risente della forza di gravità, in costante rapporto con il terreno: una monumentalità data anche da quei lunghi vestiti che scolpiscono la figura dotandola, come Mantenga faceva per le sue Madonne, di un suo preciso peso nello spazio (penso alla statuaria Xin Ying nel suo assolo di Spectre). Nel lavoro Chronicle siamo lontani dalle eroine greche e dai temi psicologici junghiani: si tratta di una esaltazione che la Graham fa dell'espressività del movimento e della sua capacità di relazione spaziale. La tensione visiva scaturisce non solo dalla costruzione dei passi tecnici, ma anche da quelle forze oppositive esaltate da una nuova idea di direzione e di forma. Notiamo, già dall'entrata delle danzatrici, una rottura volontaria dei canoni classici. Con passi piccoli e veloci entrano dalla sinistra e dalla destra del palcoscenico, ognuna percorrendo una propria direzione. Nel corpo è visibile una tensione dinamica generata dall'opposizione tra la direzione del camminare e quella del vedere. Il gruppo si divide in due cori posizionati ai lati dello spazio scenico in maniera simmetrica, mentre il centro è dominato da un'unica danzatrice. Il movimento tra il singolo e il coro differisce: mentre il primo segue, con piccoli jeté, il ritmo delle percussioni musicali, il secondo segue la melodia con una gestualità compulsiva e salti asimmetrici. Tutto è molto strutturato e ben equilibrato nello spazio della Graham. La diagonale, linea che spesso viene utilizzata, è il mezzo più elementare ed efficace per una tensione guidata. L'entrata finale mostra chiaramente quell'opposizione di forze sulla quale insiste la Graham e l'idea del gruppo danzante costituisce una forma da manipolare e gestire. Alla domanda cos'è la forma la coreografa risponde dicendo che essa è la memoria del contenuto spirituale e che entrambi si incontrano nell'azione. A far da spartiacque tra la prima e la seconda parte le tre versioni di Lamentation Variations commissionata dalla Martha Graham Center of Contemporary Dance in occasione dell'anniversario dell'11 Settembre del 2007: da quella accattivante di Doug Varone concepita per tre danzatori, a quella vibrante e tutta al femminile di Aszure Barton, fino alla più toccante e intensa di Larry Keigwin che sceglie le note di Chopin e l'intera compagnia per mettere in scena il dramma e l'enorme vuoto che l'attacco terroristico ha lasciato dietro di sé.
Roberta Bignardi