Balletto in tre atti
dal romanzo dell'abate Prévost, L'histoire du chevalier des Grieux et de Manon Lescaut
Direttore Martin Yates
Coreografia Kenneth MacMillan
ripresa da Karl Burnett, Patricia Ruanne
Scene e Costumi Nicholas Georgiadis
Scenografo Collaboratore Cinzia Lo Fazio
Luci John B. Read
Interpreti principali
Manon Eleonora Abbagnato / Susanna Salvi
Des Grieux Friedemann Vogel / Claudio Cocino
Monsieur G.M. Benjamin Pech / Manuel Paruccini
Lescaut Giacomo Castellana
Maîtresse Alessandra Amato
Orchestra, Étoile, Primi Ballerini, Solisti e Corpo di Ballo del Teatro dell'Opera di Roma
Con la partecipazione degli allievi della Scuola di Danza del Teatro dell'Opera di Roma
Allestimento Stanislavsky and Nemirovich-Danchenko Moscow Music Theatre
Roma, Teatro dell'Opera di Roma dal 25 al 31 maggio 2018
Nel guardare la Manon che è in scena all'Opera di Roma in questi giorni, riecheggiano alla mente le parole che Thomas S. Eliot disse a proposito dell'arte: e cioè che essa non è mai espressione di un'emozione, ma la sua riflessione. Non vi può né potrà mai esservi battito di cuore o fremito d'animo cui un artista dia corpo senza guardarli da una certa distanza come se quei moti e quei sentimenti fossero lontani nel tempo.
Questa versione di Manon è bellissima perché corrisponde in pieno a tale criterio. Essa è tutta giocata su un una coralità alla quale si contrappongono le individualità dei due protagonisti: la giovane fanciulla, materiale ma romantica al contempo, che dà il titolo all'opera; e il passionale e idealista Des Grieux, suo sincero innamorato. Le coreografie di MacMillan, ottimamente riprese da Karl Burnett e Patricia Ruanne, vogliono mostrare l'inveterata prepotenza che la parte povera del popolo è costretta a subire da coloro che possiedono denaro e potere; e allo stesso tempo come tale situazione sia vissuta individualmente: quali sofferenze si provano: quali dissidi: quali dubbi irretiscono i cuori e la mente della persona. Il povero non può nulla, se non sperare che il suo cammino non infastidisca coloro che nella vita sociale contano ed hanno peso. Ecco perché Manon sceglie l'amore interessato (e non sincero) per il ricco e spregiudicato Guillot de Morfontaine: per non vivere più in una condizione di inferiorità. Ma quando rifiuterà agi ed ori a favore del sincero sentimento verso Des Grieux, entrambi ne pagheranno le conseguenze e a caro prezzo.
Susanna Salvi dà vita ad una Manon dolce, esile: a tratti un po' frivola e vezzosa, a tratti donna decisa nel fare le proprie scelte accettando quel che ne seguirà. Tutto questo si traduce in uno stile di danza leggero, delicato: quando percorre sulle punte dei piedi il palcoscenico da una parte all'altra, par quasi che voli e che per lei la forza di gravità non sia che un orpello come un altro da utilizzare al momento giusto.
Bravissimo anche Claudio Cocino nei panni di Des Grieux. All'inizio i suoi passi sono un po' appesantiti e incerti. Poi, come rispondendo all'appello di Tersicore di lasciarsi andare e sentirsi leggero come un giovane uccello al suo primo volo, eccolo volteggiare con decisione e dar vita a coreografie di grande intensità.
Ma il tratto più bello e notevole di questa Manon sta soprattutto in un'eleganza che deriva da un distacco dalle situazioni rappresentate conferendo leggerezza all'insieme. Nel corso dello spettacolo, le scene d'amore suggeriscono dolcezza; quelle di truce passione (la violenza del carceriere su Manon) un moto di composta compassione. E quando Manon muore, la disperazione di Des Grieux è simboleggiata dal suo corpo che, come ultimo atto, tenta di alzare quello esanime della donna tanto amata.
Anche in questo caso lo stile e l'eleganza di MacMillan hanno vinto: di fronte alla morte: quell'attimo estremo il cui dolore è solito non conoscere misura.
Pierluigi Pietricola