direttore artistico Moses Pendleton
con i Momix
tour italiano a cura di Duetto 2000
Trieste, Politeama Rossetti, 6 marzo 2019
È un tributo alle suggestioni di un classico per l'infanzia l'ultima creazione dei Momix. La leggendaria compagnia di danza, diretta da Moses Pendleton, ha proposto "Alice", viaggio visionario nelle pagine di Lewis Carroll. Sospese tra fisicità e illusionismo, acrobazie e fantasmagorie, le stravaganze vittoriane prendono vita grazie alla magia di effetti luminosi e di sofisticate e pervasive videoproiezioni su stoffe e superfici fluttuanti. La prima parte della performance, scandita da brani musicali del Novecento nati dalla facoltà mitopoietica proprio di Alice, alternati a ricercati tappeti ambient, segue maggiormente il filo della narratività: la bambina, annoiata dalla lettura, precipita all'improvviso nella tana e, con un'altra percezione di sé (si quadruplica), incontra il bianconiglio, lo stregatto, il bruco dalle mille fogge, in una geminazione onirica di forme e sembianze animali e umane. Ancora una volta i quadri dinamici che si rincorrono sul palcoscenico hanno la capacità di suscitare uno stupore profondo, come esplosioni immaginifiche inattese e curiose. L'espressività dei corpi strettamente connessi ad oggetti, costumi e multimedialità è legata al flusso della metamorfosi, del divenire costantemente "altro".
La seconda parte, invece, più ripetitiva nei numeri coreografici e nelle idee figurative, cerca di andare oltre i limiti della fantasia fino all'incubo dal fascino noir, perdendo di vista l'evoluzione della storia tracciata nel "mondo delle meraviglie" e offrendo solo qualche allusione al quel luogo nascosto dove regna il motto "feed your head", tutto si trasforma, compreso il corpo umano, e nulla è ciò che appare. "Con questo spettacolo voglio raggiungere sentieri ancora inesplorati nella fusione di danza, luci, musica, costumi e proiezioni... - afferma lo stesso Pendleton - vedo Alice come un invito a inventare, fantasticare, a sovvertire la nostra percezione del mondo, ad aprirsi all'impossibile. Il palcoscenico è il mio narghilè, il mio fungo, la mia tana del coniglio."
Elena Pousché