Coreografia di Mauro Bigonzetti
Assistente coreografo: Carlos Prado
Musica di Georg Friedrich Händel
Costumi di Helena de Mendeiros
Luci di Carlo Cerri
Con: Svetlana Zakharova, Roberto Bolle e il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto da Frédéric Olivieri.
Nuova Produzione Teatro alla Scala. Prima assoluta.
Pianoforte: James Vaughan. Violino: Francesco De Angelis. Oboe: Fabien Thouand. Flauto: Andrea Manco. Violoncello: Massimo Polidori. Clavicembalo: James Vaughan.
MILANO, Teatro alla Scala, dal 20 maggio al 1 giugno 2017
Händel in dialogo fra intimismo e teatralità coreutica
Un'irrinunciabile occasione di scoperta, sperimentazione e creatività pura è l'annuale appuntamento scaligero con il progetto di balletti su musica da camera. Il quarto titolo dell'attuale stagione approfondisce ed esalta, infatti, i respiri coreutici ravvisabili nella musica di Händel. Un impegno artistico che in questo caso scandaglia le potenzialità teatrali della produzione händeliana nell'alveo di un lavoro coreutico firmato da Mauro Bigonzetti - già direttore del corpo di ballo del Teatro alla Scala - presentato sul palco del Piermarini per nove recite e alla prima rappresentazione accolto da diciannove minuti di applausi.
Il progetto ha dato vita ad una creazione astratta divisa in due segmenti indipendenti ma correlati nel porre in evidenza il senso dello spettacolo che si delinea nell'incedere del pregevole tessuto musicale barocco.
La prima parte, incorniciata in alcune suite per clavicembalo, predilige la linearità visiva estrinsecata mediante il ricorso al dialogo del bianco e nero. Un scelta, questa, che agevola l'accentuazione del lavoro dei danzatori in relazione allo sviluppo musicale in un'architettura che privilegia l'intimismo.
In modulazioni coreografiche asciutte e geometriche le due étoiles Svetlana Zakharova e Roberto Bolle rivelano quella destrezza esecutiva che in controluce giova del retroterra classico-accademico costantemente aperto e disponibile allo sviluppo creativo del lavoro di Bigonzetti. Fascinosa, in questa parte, la sinuosità delle linee di Gioacchino Starace con Agnese Di Clemente e di Christian Fagetti con Marco Agostino.
Il secondo segmento, di converso, sposa l'idea di figurare visivamente l'immagine barocca con l'introduzione, per di più, di un gruppo cameristico. Il dialogo cromatico si rende più articolato con una scrittura coreografica di ampio respiro. L'iniziale lievità coreutica del passo a due di Zakharova e Bolle e la mestosità del terzo movimento della suite op. 2 n. 4 in re minore HWV 437 prelude ad un crescendo di interventi di ensemble che offrono l'opportunità di apprezzare, nella compagine coinvolta, l'esito di un efficace lavoro di sinergia fra l'elaborazione di un movimento svincolato da intenti narrativi e le sonate scelte in questa seconda parte del balletto.
I costumi di Helena de Mendeiros svolgono finanche una funzione scenografica abbracciando l'idea di una rivisitazione barocca filtrata dall'estro contemporaneo e delineano preponderantemente, di concerto con le luci di Carlo Cerri, le diversità delle due parti del progetto.
Se la danza seguita a determinarsi quale ineludibile arte del corpo in continua metamorfosi nonchè spazio privilegiato di sperimentazione ed esplorazione incessante appare, dunque, inevitabile concedere queste pagine di fecondità coreutica che giovano, in più, dell'esaltazione di partiture di prim'ordine. Una bilateralità, questa, che si offre all'inventiva della modulazione e ricomposizione e diviene spazio formativo rilevante per i corpi di danzatori in continuo dialogo tra empiria e ricerca di senso.
Vito Lentini