di Lucia Guarino, Emma Tramontana
Musica Matteo Bortone
con Lucia Guarino, Elisa D'Amico
Produzione Nexus 2017, Novara Jazz.
Con il sostegno di CSC centro per la scena contemporanea, Caos - centro arti opificio siri, SpazioK, Teatro Libero Incontroazione, Il Vivaio del Malcantone, Spam- reti per le arti contemporanee, CCCTO centro cultura contemporanea Torino Ex Birrificio Metzger, Foligno Incontemporanea
prima nazionale
Teatro Coccia, Novara 28 novembre 2018
Sul grande palco del Teatro Coccia, disposti su due ordini di file in gradinata davanti al tappeto di danza che corre per una buona parte della larghezza della scena, gli spettatori vedono disporsi nella semioscurità un contrabbassista (Matteo Bortone) e due danzatrici (Lucia Guarino ed Elisa D'Amico). La penombra avvolge lo spazio nel primo lungo momento in cui il nitore di questa postura triangolare comincia a evocare una sorta di organismo cellulare sottoposto via via a tensione dinamica sempre più pressante: ora i due corpi, ai lati dello strumento, in posizione leggermente avanzata, vibrano lateralmente come sottoposti a una grande pressione, sono scosse che partono dal torso e lo scuotono. E' così che, sotto gli impulsi ritmici vibratori del contrabbasso la doppia cellula corporea di tremito in fremito si rompe, causando un progressivo avvicinamento delle due performer, che prelude a una fusione, un lungo corpo a corpo portato in laterale rispetto alla linea di proscenio: spinte, controspinte, tensioni e distensioni una di guida all'altra; i due corpi si premono, si fondono quasi, fino a quando il distacco prorompe in una sequenza di danze individuali, nello spazio rotto ormai nella sua linearità rigorosa, che disegnano circolarità dilatate per tutta la scena. Se il centro di gravità, il cuore, è dato dal vibrare tormentoso e percussivo del grande strumento ad arco, percosso anche con bacchette, costretto a potenti moti dialogici proiettati verso il corpo delle danzatrici, ecco che ora da vero arbitro e suscitatore di energie cinetiche, lo strumentista si sposta dal centro arretrato in cui stava e dà vita a un lento movimento di accerchiamento delle danzatrici. Crolla un mondo intorno alle due orbitanti figure, le quali sono ora costrette a ricercare un nuovo centro, perché il contrabbasso è divenuto anch'esso elemento centrifugo, che si produce in una fuga o in una rincorsa, le spinte sussultorie dello strumento creando nei corpi risposte che a loro volta sollecitano il lavoro dello strumentista intorno alla cassa, alle corde, al ponte, al manico, con archetto, bacchette, dita. Tanto che il contrabbassista assume per lampi come la fisionomia, archetipica, del cacciatore intento alla rincorsa delle due giovani prede, specie quando, dopo un andare a terra, testa contro testa, e un cercarsi reciprocamente il volto con le mani, in quella posizione le due performer tornano in piedi e tenendosi ancora le teste con le mani, sembrano intavolare una danza di impotenza o una lotta danzata, tutta spinte e controspinte, come fossero due giovani cervi con i palchi incastrati l'uno nell'altro; e non sai se questo concerto di impulsi va nella direzione di costringere l'altra a cedere oppure è la ricerca di una strategia per cercare di districarsi; così lotta per la supremazia e ricerca della liberazione slittano una nell'altra in un'ambiguità che crea presenza, senso. Ma ecco che le cerve si staccano e l'energia accumulata prelude a una corsa in cerchio tutt'intorno all'isola del contrabbasso che finisce per accogliere il respiro principale della scena, incistandosi nel centro vero del palco e dando vita a un lungo assolo pizzicato mentre le danzatrici giacciono a terra dopo la corsa. Poi è una ripresa finale, in cui le due cellule conoscono il soprassalto di un'energia che le scuote di nuovo nello spazio, con andate a terra e rialzate sulle ginocchia, con introflessioni e estroflessioni del torso, slanci e ricadute; il tutto portato dalla colonna vertebrale, cosicché lo spettatore si ritrova pronto sulla sedia, attivato anche nella sua, di colonna, per un principio di rispecchiamento, di riflesso (se a teatro è possibile una qualche attivazione dello spettatore essa non può darsi forse che principalmente attraverso l'attivazione della sua colonna vertebrale): l'attenzione come conseguenza dell'attivazione rettile-erettile della colonna (o anche viceversa).
Il contrabbasso qui è come sottratto all'esclusiva funzione di produttore di musica, intesa almeno in senso convenzionale, e diventa performer, motore di azione nel dare impulso alla vibratilità di foglia dei corpi; contrabbasso-performer e musicista-danzatore o officiante, compreso a compiere un rituale a tre pervaso di lotta e insieme di tenerezza.
E' un lavoro che si forma a partire dal dialogo continuo tra il musicista e le danzatrici. Nella struttura coreografica non vediamo mai all'opera un'estetica del movimento fine a se stessa, esibita magari con intento calligrafico, piuttosto è sempre presente una sorta di robusta funzionalità a una drammatica elementare, che emerge dalle contrapposizioni e dagli attacchi e stacchi, senza alcuna narrazione.
E' una danza che ha il pregio di mostrare in piccolo e dilatare le opposizioni che abitano il corpo umano. Il corpo-arco il corpo-freccia che qui vediamo all'opera non sarà molto dissimile da tutto ciò che in natura si può osservare come produttore di energie che nascono da contrasto e prossimità, da slancio e arresto improvviso, come un osservare al microscopio una danza biologica di cellule.
Interessante e da salutare con gioia il fatto che un festival musicale come Novara Jazz si apra alla contaminazione con la danza contemporanea in una prospettiva di ricerca e non di conferma di linguaggi ampiamente acquisiti dal pubblico, in un territorio, peraltro, come il novarese, che sconta un certo cronico ritardo nel campo della cultura contemporanea delle performing arts.
Franco Acquaviva