Direttore Farhad Mahani
Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro Massimo
Vox Multitudinis
Musiche di Johann Johannsson
Coreografia, scene, luci e costumi Diego Tortelli
Plasma
Musiche di Mauro De Pietri
Coreografia e luci Valerio Longo
Ideazione costumi Francesca Messori
A man in a room
Musiche di Harry Escott, Gavin Bryars & Juan Muñoz
Coreografia, luci e costumi Anna Manes
Pas de deux da Romeo e Giulietta
Musica di Sergej Prokof'ev
Coreografia, scene e luci Fabrizio Monteverde
Bolero
Musica di Maurice Ravel
Coreografia, scene e luci Fabrizio Monteverde
Costumi Santi Rinciari
Produzione originale Balletto di Roma
Allestimento Balletto di Roma
Palermo, Teatro di Verdura 4 agosto 2016
Segnali di crescita per la danza al Teatro Massimo di Palermo
Una bella sorpresa trovarsi a constatare segnali di rinascita al Teatro Massimo di Palermo del Corpo di ballo dell'ente lirico siciliano. Lo si deve all'impegno e al lavoro del nuovo giovane coordinatore artistico Marco Bellone, insediato da un anno alla guida della compagnia la quale manifesta già una crescita significativa sia sul piano tecnico che artistico, grazie anche allo svecchiamento avviato e all'apertura al linguaggio contemporaneo ospitando lunghe residenze di coreografi importanti (ultimo Fabrizio Monteverde e, a breve, Matteo Levaggi), mentre altri saranno chiamati per delle creazioni originali (tra cui, per la prossima stagione, due nuove produzioni:di Jiří Kylián e Johan Inger). Insomma un lavoro in progress da seguire con attenzione, e che lascia ben sperare nello sviluppo e nel consolidamento di un Corpo di ballo da aggiungere, si spera quanto prima, nel novero delle altre nostre importanti formazioni, almeno di quelle che sono rimaste. Tutto questo lo prova la recente serata nella splendida cornice all'aperto del Teatro della Verdura, che ha visto in scena, con grande successo di pubblico, cinque lavori di quattro coreografi stilisticamente differenti, a tre dei quali è stata commissionata una creazione originale. Una vetrina coreografica di danza contemporanea all'insegna della qualità, che si è aperta con Diego Tortelli, coreografo freelance bresciano, di formazione scaligera, che col suo "Vox Multitudinis" (La voce del popolo), dispiega in scena tutta la compagnia. Ai duetti e quartetti iniziali fa subentrare il gruppo schierato frontalmente e poi sciolto sui bianchi tappeti dapprima a terra a delimitare un quadrato nero, poi rialzati per farne dei fondali, quindi al centro quale totale spazio geometrico lattiginoso come lo sono i costumi dei danzatori. Sulla musica di Jóhann Jóhannsson i loro movimenti scorrono all'unisono o scomposti in un intreccio lineare di braccia e di gambe lanciate come frecce, di gesti ondulatori, di battiti al petto, a cercare relazioni che rompano la solitudine, l'uniformità, per poter pulsare di nuova vita e unità.
"Plasma", di Valerio Longo, danzatore di Aterballetto e talentuoso coreografo anche per altre compagnie, è un potente e fulmineo assolo affidato a Alessandro Cascioli. Concepita inizialmente come duetto, Longo ha dovuto all'ultima ora, ricontestualizzare la coreografia a causa di un infortunio ad uno dei due danzatori. Il titolo è l'anagramma di "palmas". E alla pianta mediterranea si rifà la postura del bravissimo interprete, inizialmente assumendo un'originale forma di croce con le braccia incrociate e alzate e le mani dispiegate, segno di una dimensione spirituale dell'essere umano; postura presto aperta in un respiro gestuale che scioglie, come il sangue che scorre, quel corpo emerso dal buio alla luce per intraprendere un viaggio dell'anima dentro e fuori sé stesso, complice la pulsante partitura musicale dal sapore mediorientale di Mauro De Petri. Sono movimenti tesi, vibranti, allungati come in un'estasi ascensionale, che poi spaziando orizzontalmente alla ricerca di uno spazio vitale, ritornano a terra nell'avanzamento frontale dell'interprete verso il pubblico e nel rientrare, liberato, nella penombra che lo aveva a noi consegnato.
Proveniente dalle fila del Balletto di Roma Anna Manes si cimenta con la coreografia proponendo "Man in a room", lavoro che nasce sulla traccia musicale e vocale dell'album "A man in a room, gambling", del compositore inglese Gavin Bryars e dello scultore spagnolo Juan Munoz del quale ascoltiamo la voce che descrive i trucchi di una partita a poker. Questa sottotraccia genera degli stati d'animo che i cinque danzatori in eterei costumi azzurri, esprimono attraverso sequenze di attesa, di fermo immagine scultorea, mentre altri si muovono in traiettorie lineari, ora fluide, ora nette, di neoclassica fattura.
La seconda parte della serata, con l'orchestra dal vivo diretta da Farhad Mahani, era dedicata a Fabrizio Monteverde, e comprendeva due suoi lavori nati per il Balletto di Roma: il pas de deux dal "Romeo e Giulietta" sulla celebre musica di Prokofiev, creazione di successo e tra le più conosciute del coreografo romano, duetto qui interpretato da Maria Chiara Grisafi e Michele Morelli, e il "Bolero" di Ravel, che ha visto impegnato tutto il Corpo di Ballo del Massimo. Sulla ossessività della musica di Ravel, Monteverde costruisce una sua originale versione sulla celebre partitura prendendo spunto dal romanzo di Horace McCoy e dall'omonimo film di Sidney Pollack «Non si uccidono così anche i cavalli?». Ambientato negli anni della Depressione americana, chi lo ha visto ricorda le crudeli maratone di ballo a cui si sottoponevano una moltitudine di disperati per contendersi, in una massacrante gara di resistenza, pochi dollari. Monteverde rappresenta un elegante, sinuoso, sensuale gioco al massacro fra coppie che si sfidano in una estenuante gara di ballo, fino al loro soccombere per graduale eliminazione. Come pupazzi che si rompono nel gioco violento dell'uso, le coppie si sopprimono fisicamente e psicologicamente. Si rompono i tacchi, il rossetto sulle labbra si deforma e diventa smorfia, il sudore macchia le camicie, e ci si strappa via via gli abiti anni Trenta contrassegnate ciascuna da un numero. Fino a manifestare, nello sfinimento conclusivo di una sola coppia, la biancheria intima dell'unica donna infine rimasta in gara. Il crescendo della musica coinciderà con la sua solitaria, inutile vittoria. E la sconfitta delle relazioni umane. La coreografia corale di Monteverde esalta il virtuosismo dei danzatori fatto di tensioni energiche, prese veloci e sollevamenti acrobatici. Ma non evolve più di tanto nello sviluppo dei movimenti. Sembra rimanere prigioniero delle ipnotiche maglie musicali di Ravel, cristallizzandosi in gesti ripetuti.
Giuseppe Distefano