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È un giovanissimo autore quello che ha scritto What’s your nAIM? e risponde al nome di Edoardo Guarducci. Il quale, come gran parte dei suoi coetanei e di coloro che sono stati ragazzi, si chiede cosa fare di sé, della propria vita, come dare forma concreta ai propri sogni, a quelle sue aspirazioni che desidera improntino l’esistenza. Come diceva Sartre: l’uomo è il suo progetto. Ma spesso questo disegno non sempre appartiene al ragazzo, ma  lo fa proprio da uno, o entrambi, dei genitori. Nell’uno come nell’altro caso, si corre il rischio di confondere l’essenza dell’individualità col proprio scopo di vita professionale, il proprio mestiere e quello che se ne ottiene. Ciò che, ovviamente, non è un bene.

Fin qui quanto dichiarato nel programma di sala. Presupposti bellissimi che ci hanno indotto a entrare nel teatro comunale di Todi con grande curiosità. Che accadrà sul palco? Come sarà concretizzata questa bella idea? 

Musiche elettroniche, una scenografia composta da pannelli neri con una porta centrale che si apre e dalla quale appare un ragazzo – un dj – dentro una specie di cabina e che mette dischi e ogni tanto canta. Intanto, i danzatori si muovono sul palco disegnando una coreografia moderna, fatta di movimenti serrati, veloci, con pochissime elevazioni. Infine, uno spettacolo di luci – questo sì: bellissimo, creativo, affascinante – di Fabio Massimo Sunzini: il solo, vien da dire, elemento teatrale di una certa creatività e realizzato per fare spettacolo.

Il punto debole di What’s your nAIM? è nello scarto eccessivo tra l’idea e la sua realizzazione. Se al posto della drammaturgia evocata ve ne fosse stata un’altra, nessuno se ne sarebbe accorto. La coreografia non ha rispettato, o non ha saputo o potuto fare diversamente, le premesse dell’autore. Un po’ come se fra Guarducci e la Cornelia Dance Company ci fosse un patto di convivenza fra due ipotesi narrative completamente diverse.

Il risultato? Un dj set in pratica trapiantato su un palcoscenico per vedere l’effetto suscitato fra il pubblico. 

Ferma restando la bravura dei ballerini, che hanno interpretato il disegno coreografico generale in modo preciso e senza esitazioni né cadute di ritmo, il resto non è stato particolarmente affascinante. Ivi incluso il cantante Flavio Paglialunga che nel brano conclusivo dello spettacolo si è avvalso dell’ormai invasivo aggiustatore vocale per eliminare eventuali minime stonature che nel cantare dal vivo possono accadere. 

Questo per dire non che lo spettacolo sia da rigettare in tutto e per tutto, ma che più tempo per lavorarci su sarebbe stato necessario. Anche, direi, per trovare una forma artistica adatta attraverso la quale consentire all’idea iniziale di sviluppare ed esprimersi. 

Nel modo in cui ho avuto modo di vederlo al Todi Festival, What’s your nAIM? mi è parso più un tentativo, una scommessa, una sorta di anteprima di una prova generale, di quelle che si mettono in piedi per un pubblico ristretto così da capire in che modo aggiustare il tiro.

Pierluigi Pietricola