Alessandro Ticozzi IL GRANDE ABBUFFONE. TRA CINEMA E CUCINA CON UGO TOGNAZZI Edizioni SensoInverso, Ravenna, Euro 6.00, pp.93 (CINEMA - Alberto Pesce)
A dare caratterizzazione ambiguamente drammatica, disperatamente beffarda all'Italia in commedia che tra gli anni 60 e 80 scherza su contraddizioni, malesseri, momenti deteriori del vivere civile, c'è anche Ugo Tognazzi attore e regista di graffiante comicità tra vaghezze d'estro e pena segreta, ma anche "in un rapporto ossessivo col cibo". Ne annota la sua "avventura in cucina" Laura Delli Colli, in premessa ad un minuzioso saggio di Alessandro Ticozzi, il quale in appendice aggiunge sue interviste in argomento a Pupi Avati (in Ugo anche il gusto di offrire cene alla troupe), Maurizio Costanzo, a suo tempo prefatore del tognazziano Il rigettario, Ornella Muti ("lui recitava mentre cucinava"), Ettore Scola ("forse eccedeva nei condimenti, nei burri, nelle panne"), e i quattro figli , Thomas con la stessa passione di cucinare, Gian Marco e Maria Sole, ambedue in apprezzamento del rischio anche in cucina come modo di vivere di papà, e Ricky ("la cucina era diventata un suo strumento di comunicazione"). Ma la parte più corposa del libretto resta il saggio di Ticozzi che in due capitoli, interpretazioni e regìe, trafila la filmografia di Tognazzi, attentamente spulciando ogni scena di culinaria godurìa, tra le tante altre in Ape regina per scampi e risotto di pesce con lezioni di cucina, in Il commissario Pepe polenta e baccalà, in La califfa piatto di pasta con profumo di basilico nel pesto, in Romanzo popolare cena con "quadrucci in brodo, crocchette di patate, stracchino e mele fritte". Ma è La grande abbuffata del 1973 il "piatto forte" di sesso e ventre nella tognazziana analisi di Picozzi, lungo quella sorta tra quattro amici di seminario gastronomico con ammennicoli erotico-possessivi da becero sfogo in un mix di portate golose e nudi gonfi di flaccido rigoglio, bestialità e morte.
Alberto Pesce
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