Maurizio Fantoni Minnella HABEMUS NANNI. LESSICO MORETTIANO: ARCHITETTURA DI UN AUTORE Diabasis, Parma, Euro 12.00, pp. 95 (CINEMA - Alberto Pesce)
Come cane sciolto senza collare, geloso della propria solitudine ma anche curioso della vita altrui, pronto a chiudersi a riccio m anche illuso di poter comunicare fuori nicchia con disperata ricerca di normalità, Nanni Moretti, autore-regista e attore, con i suoi film ormai da quarant'anni, in un pullulare di rifrangenze tra pubblico e privato, è alla cerca di modi e tempi ritmicamente giusti per specchiarsi nella propria identità-diversità e insieme costringere anche gli altri al proprio specchio. Di questo cinema di Moretti, alter-ego o in proprio che sia, dentro e fuori dalla storia che racconta, il saggista Maurizio Fantoni Minnella non si limita a inquadrare l'apparizione in prospettiva storica, "solo vero rappresentante del nuovo", dopo "autartico isolamento" nel primo Novecento, effimera stagione neorealistica, "cortocircuito culturale e linguistico" della commedia all'italiana. Con minuzioso incrocio di immaginario sonda nel profondo "l'architettura di un autore" come quella morettiana, di una causticità intrigante, da anticommedia, dopo Io sono autartico (1976) nei primi film da Ecce Bombo (1978) a Palombella rossa (1989) si serva di Michele Apicella "finestrella d'autore", o in Caro diario (1993) si presenti nome e cognome con la sua orgogliosa unicità di "splendido quarantenne", o da Aprile (1998) e La stanza del figlio (2001) sino a Mia madre (2015) si introfletti in una "apologia familista" sia pure "secondo un cliché di decoro piccolo borghese". Lo studioso ne lamina l'analisi lungo una cinquantina di lemmi, in alfabetica successione dal triplice A (Alter-ego, Amici, Autocoscienza) al duplice V (Vespa e Violenza), e lascia intravedere in filigrana, dopo il picco autoriale di Palombella rossa (1989), personali riserve per film come La stanza del figlio e Il Caimano (2006), di eccessivo morettismo autoreferenziale.
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