VOCE Dianne Reeves
PIANOFORTE John Beasley
CHITARRA Romero Lubambo
BASSO Itaiguara Brandão
BATTERIA Terreon Gully
Piazza Duomo, Spoleto – Festival dei Due Mondi 2022 3 luglio 2022
Qual è, o quale dovrebbe essere, la prima caratteristica di una cantante jazz? Certamente la voce: l’estensione, la capacità che ha di saperla modulare con virtuosismi più o meno arditi così da stupire il pubblico. Tutto questo è indiscutibile. Ma non basta. Perché, in realtà, la primissima caratteristica dovrebbe essere quella di saper creare un certo tipo di atmosfera fatta di intimità, complicità, sintonia e, per quanto possibile e nel periodo di tempo ristretto di un’ora mezza o due di concerto, un’affinità di gusti anche interpretando brani che il pubblico non si attende e, sentendoli eseguiti dall’interprete sul palco in quel momento, gli viene da dire: questo pezzo mi piace, esprime ciò che provo al meglio.
Dianne Reeves possiede questa caratteristica.
Malgrado la voce bella ma, sotto il profilo degli armonici, non al massimo delle sue possibilità, appena entrata sul palcoscenico allestito nella magnifica cornice di Piazza Duomo col campanile che svetta nell’infinito lasciando immaginare ampi spazi, la Reeves ha immediatamente creato un ambiente che ricordava quello di locali jazz tipici di una Chicago di qualche decennio fa, dove il fumo delle sigarette dava vita ad una nebbiolina non densa ma costante che offuscava la vista.
Accompagnata da una band collaudata, con la quale ha mostrato di essere in piena sintonia, soprattutto col chitarrista Romero Lubambo da lei definito: “My brother from another mother”, Dianne Reeves è come se avesse costruito attorno a sé e al pubblico una sorta di velo protettivo in virtù del quale, benché all’aperto, ci si sentiva in un locale piccolo, dove si stava attaccati al palcoscenico e si potevano vedere le espressioni della cantante nei minimi particolari.
Iniziando da un brano improvvisato in cui si salutava il pubblico ringraziandolo per la sua presenza, passando per brani di virtuosismo puro dove la voce diventava un altro strumento fra gli altri della band, per concludere con un pezzo in cui i ringraziamenti a Spoleto e all’Italia in generale sono stati in musica con parole create all’istante: grazie a tutto questo, Dianne Reeves ha reso partecipe il pubblico del suo concerto non solo da un punto di vista emotivo, ma creativo. Perché gli spettatori si sentivano parte in causa di quanto avveniva sul palco, delle note che di lì a breve sarebbero state cantate.
Da qui ne è conseguita un’ulteriore cifra caratteristica di questa notevole interprete: la sua fisicità, benché imponente, livellata a livelli espressivi minimi. La Reeves non ha avuto bisogno di ricorrere ad una mimica corporale volutamente visibile come un palcoscenico richiede, perché quello che voleva ottenere era un concerto corale insieme con la platea, e non una semplice esibizione.
E questa è la particolarità di una cantante come Dianne Reeves, la sua originalità: il fatto che l’elemento spettacolare sia stato affidato più che alla musica ad una partecipazione d’insieme di tipo creativo.
Un jazz fatto non solo per il pubblico ma con il pubblico.
Pierluigi Pietricola