di Jean Anouilh
regia di Angelo Fazio
Rassegna Laudamo Show-Off
Interpreti: Adriana Eloisa Cuzzocrea, Gerri Cucinotta, Fabio Manganaro,
Annamaria Puglise, Margherita Smedile, Francesca Sgrò, Alessio Pettinato
Produz.: Accademia Drammatica Melitense "Carmen Flachi" di Melito Porto Salvo (RC)
nella Sala Laudamo di Messina 5 e 6 maggio 2018
Quando Jean Anouilh nel 1941 scrive Antigone, ispirata all'omonima tragedia di Sofocle, la Francia, formato il governo di Vichy, è già sotto scacco dei nazisti e il maresciallo Petain è diventato lo scendiletto di Hitler. Tre anni più avanti, quando la pièce viene rappresentata in prima assoluta al Théâtre de l'Atelier di Parigi con regia scene e costumi di André Barsacq, gli spettatori più attenti capiscono che trattasi d'una rielaborazione del mito adattato alla situazione storica vissuta dal suo autore, presentata in modo ambiguo per bypassare la censura. Era chiaro tuttavia che il dramma era stato presentato come un appello a favore dell'insurrezione contro i neri crucchi occupanti e che il conflitto tra Antigone e Creonte era da intendersi come un confronto dialettico tra gli ideali di chi aveva aderito alla Resistenza francese e chi aveva preferito sposare le ragioni del collaborazionismo. Su questo argomento rimando i lettori ad una serie televisiva francese del 2009 titolata Un village français, un paesino immaginario chiamato Villeneuve, messo a dura prova dall'occupazione tedesca della Francia dal 1940 al 1945. A mettere in scena adesso l'Antigone di Anouilh nella sala Laudamo di Messina c'ha pensato Angelo Fazio per conto dell'Accademia drammatica melitese "Carmen Flachi" di Melito Porto Salvo (RC) senza invero aver individuato nello spettacolo alcuna motivazione storico-politica, se non quella di esaltare lo scontro dialettico tra il re di Tebe Creonte di Gerri Cucinotta, tutto teso a far valere le leggi di stato che non prevedono di dare sepoltura a chi gli ha mosso guerra e la giovane Antigone d'una trepidante Adriana Eloise Cuzzocrea inguainata in una sottile tuta purpurea, che a differenza del dramma sofocleo, allorquando Creonte le chiede perché vuole seppellire il fratello Polinice, trasgredendo il suo editto di stato, la giovane non dice che lo fa perché così vogliono le leggi divine al di sopra di quelle umane, ma risponde che lo fa: "Per nessuno. Per me." ("Pour personne. Pour moi"). Risposta che rischiara il suo spirito individualista, pure rivoluzionario, in cui non c'è più traccia della fede divina, avviandosi alla morte con dubbi e paure, priva di libertà, vittima d'un Potere pubblico assurdo e irrazionale che domina il mondo. C'è anche da dire che Creonte si trova di fronte ad una scelta difficile. Da un lato non vorrebbe mandare a morte Antigone, tra l'altro fidanzata col figlio Emone di Fabio Manganato ed è pure sua nipote perché fratello della madre di lei Giocasta, dall'altro lato è condizionato dagli umori dei cittadini che esigono che il corpo del ribelle Polinice resti insepolto, preda dei corvi e degli sciacalli. In altri termini, Creonte avrebbe colto l'istanza di Antigone senza reticenze, se non avesse dovuto assecondare i tebani. Su una scena da "Arte povera" (due casse d'imballaggio come sedili e un trono raffigurato da una semplice sedia sopra una panchetta) i protagonisti di questa Antigone contemporanea risultano smitizzati, alcuni agghindati con abiti di oggi come Creonte, Antigone, Emone e la "guardia" di Francesca Isgrò, altri come l'Ismene di Annamaria Pugliese e la nutrice di Margherita Smedile in lunghe tuniche da tragedia greca pronte ad assecondare il senso fatalistico degli eventi. Solo il "narratore" di Alessio Pettinato presentendo all'inizio tutti i personaggi, sembra, con la sua limpida voce, volersi richiamare ad un modo pirandelliano di far teatro nel teatro e poi più nulla.
Gigi Giacobbe