di William Shakespeare
Traduzione e adattamento Nadia Fusini e Valter Malosti
Regia di Valter Malosti
Interpreti: Anna Della Rosa, Valter Malosti, Danilo Nigrelli, Dario Battaglia, Paolo Giovannucci, Paolo Giangrasso,
Noemi Grasso, Ivan Graziano, Dario Guidi, Flavio Pieralice, Gabriele Rametta, Carla Vukmirovic
Scene: Margherita Palli. Costumi: Carlo Poggioli
Disegno luci: Cesare Accetta
Progetto sonoro: GUP Alcaro. Cura del movimento: Marco Angelilli
Maestro collaboratore: Andrea Cauduro. Chitarra elettrica live: Andrea Cauduro. Arpa celtica live: Dario Guidi
Produzione: Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, LAC Lugano Arte e Cultura
Teatro Vittorio Emanuele di Messina 28 febbraio, 1 e 2 marzo 2025
Antonio e Cleopatra è il dramma che Shakespeare dipinge con tinte maliose e libidinose. Da un lato c’è Antonio, un uomo che non deve chiedere mai, la cui volontà si scioglie come neve al sole allorquando cade nella ragnatela d’una mantide lussuriosa, che egli sente indegna ma che non può resisterle. Dall’altro lato c’è Cleopatra, una donna capricciosa, debordante di glamour, una figura regale che oggi potrebbe vestire Prada e collezionare borsette Hermès. Una cosa curiosa cui non ho una risposta, è che mentre Dante la infila nel 2°cerchio del Canto V dell’Inferno, accanto ai lussuriosi quasi tutti appartenenti alla sfera letteraria e mitologica, come Elena, Achille, Paride, i passionali Paolo e Francesca e altri, non ci sia Antonio accanto alla regina d’Egitto, come se fossero due anime distinti e distanti tra loro. Per noi Cleopatra è una mala femmina che ridicolizza il suo Antonio, quasi come quella Lola Lola della Marlene Dietrich vestita da falso angelo azzurro che fa quel che vuole del suo professore Emil Jannings nel film del 1930 diretto da Josef von Stemberg. Anche in questo fine spettacolo confezionato da Valter Malosti (cui Nadia Fusini ci ha messo mano riguardo traduzione e adattamento) lui stesso nei panni di Antonio, sembra all’inizio un Pierrot luccicante, un fantoccio multicolore settecentesco alla corte del re Sole, poi per tutto il tempo indosserà un lungo soprabito di pelle rossa, da farlo sembrare un comandante militare, come quando lo fu accanto a quel Giulio Cesare assassinato con 23 coltellate. Una morte questa che fu causa di 11 anni di guerra civile nella Repubblica di Roma (dal 44 a.C. al 31 a.C.) placata in parte con la formazione di un triunvirato formato da Antonio, il legittimo erede Ottaviano (oltremodo energico quello di Dario Battaglia) e Lepido. Sono gli anni più farraginosi, densi di mutamenti politici, in cui Antonio vive la sua storia d’amore con Cleopatra, la quale appare sempre più maga e magnetica quella dell’elegantissima Anna Della Rosa, in grado di cambiare almeno cinque, sei svolazzanti mises di vari colori nel corso dello spettacolo di oltre due ore, in grado di mandare in giuggiole colui che per lei stravede, che fa la spola tra Alessandria e Roma, quando già gli muore la prima moglie Fulvia, sposando poi Ottavia (Carla Vukmirovic) sorella di Ottaviano, di cui non gliene frega niente, perché subito dopo rientrerà nel grembo della sua Cleopatra, insieme poi sconfitti nella battaglia navale di Azio, suicidandosi il primo col proprio gladio, dopo che un soldato, (mi pare lo stesso Eros di Dario Guidi che prima s’era esibito a suonare un’arpa celtica) s’era rifiutato d’infilzarglielo nel ventre, rivolgendo poi l’arma su se stesso; la seconda rimirandosi ad uno specchio, seduta attorno ad un tavolino, preferendo spararsi un colpo in testa con una rivoltella e non facendosi addentare da un usurato serpentello velenoso. Quanto poi al raffinato spettacolo di Malosti occorre dire che oltre ai costumi di Carlo Poggioli, mi è piaciuta la scena metafisica di Margherita Palli architettata quasi come una piazza di De Chirico o di Carrà, con due alte e grigie quinte laterali; una parete dorata sul fondo con due vuoti, uno tondo in alto, uno quadrato in basso, utile quest’ultimo a fare entrare e uscire persone e oggetti, mentre il piano calpestabile era d’un colore rosa tendente al fucsia. A volte entrava in scena un cavallo tipo quello dei Luna Park montato da Cleopatra in edizione Amazzone, forse un omaggio a Luca Ronconi e al suo capolavoro che fu l’Orlando furioso di Ariosto e in alcuni momenti sia Cleopatra che il suo ganzo salivano su dei piedistalli a forma di capitelli sembrando delle statue a futura memoria, unitamente a quando se ne stavano seduti, quasi marmorizzati nei loro scranni. Gli altri protagonisti in tutto dodici, rispetto ai trentaquattro che ne prevede l’opera, erano tutti all’altezza ed efficaci nei loro ruoli, dall’Enobardo di Danilo Nigrelli, all’indovino di Paolo Giovannucci, al messaggero di Cleopatra Paolo Giangrasso, l’Agrippa di Ivan Graziano, Noemi Grasso, il messaggero di Roma Flavio Pieralice, il soldato di Gabriele Rametta. Il pubblico del Teatro Vittorio Emanuele ha gradito lo spettacolo tributando alla fine e durante molti applausi. Gigi Giacobbe