dal romanzo di Michela Murgia
edito da Giulio Einaudi Editore
drammaturgia Carlotta Corradi
con Anna Della Rosa
regia Veronica Cruciani
produzione Savrà Produzioni Creative, Emilia Romagna Teatro ERT/ Teatro Nzionale
Fondazone ATER, Teatro Girolamo Magnani Fidenza 28 aprile 2025
Accabadora, è il titolo dello spettacolo, andato in scena presso il Teatro Magnani di Fidenza. Un titolo che è sostantivo di un ruolo, e parte da lontano, che porta a immaginare tradizioni, leggende, storie che toccano le corde di un mondo antico, di credenze, riti tra il sacro e il profano. È il libro di Michela Murgia, vincitrice del Premio Campiello, che divori e ti fagocita, nella verità cruda e ancestrale dell’isola di Sardegna, trasparente come il suo mare e radicata come la sua terra. Una scoperta recarsi sul territorio per ripercorrere la vita di Grazia Deledda, come affascinante è immergersi nel piccolo museo etnografico Galluras, ghiotto di reperti e ricostruzioni a Luras, ove è custodito il reperto del martello de “Sa femina Agabbadòra”. L’etimologìa del nome, deriva dalla parola spagnola acabàr, che significa finire, l’accabadora, era una donna che, fino al secolo scorso svolgeva un ruolo particolare all’interno della società di molte zone rurali del territorio sardo. Interveniva per porre fine alle sofferenze dei malati agonizzanti, con il colpo di un particolare martello in legno, o soffocando il malato. Portatrice di morte, ma anche di vita, il ruolo che veniva affidato e riconosciuto dalla comunità a questa donna nel legittimare l’atto di eutanasìa, era anche di ostetrica, ovvero “mastra de paltu”, maestra di parto. Questa dicotomia, raccontata anche dal regista Enrico Pau, nel film L’Accabadora, ambientato a Cagliari negli anni ’40, è il tema dello spettacolo, della pièce teatrale, con la drammaturgia di Carlotta Corradi. La regia di Giulia Cruciani, con l’attrice Anna Della Rosa, pluripremiate e vincitrici nel 2024 del Premio della Critica ANCT, ambedue formatesi presso la Scuola Accademia d’Arte Drammatica P.Grassi. Donne che raccontano di donne, del potere energetico femminile, della capacità di resilienza, di rinascere dalle proprie ceneri, di gesti ripetuti e tramandati, copione cucito per l’interprete Anna Della Rosa, delineando la trama dal punto di vista del ruolo del personaggio di Maria, quart’ultima di una figliata, forse non voluta, adottata da zia, Tzia Bonaria Urrai, colei tanto amata dalla figliastra, che si rivelerà odiata, per lo scopo a cui verrà iniziata suo malgrado a ricoprire il ruolo di portatrice di morte. Un monologo in cui Della Rosa prende per mano lo spettatore annullando lo spazio scenico della quarta parete, dialogando con sé stessa e la proiezione del proprio alter ego sul muro, in un impianto minimal, fatto di luci, una panca, un tavolino pic, una sedia stilizzati, duttili al trasformismo delle ombre e chiaroscuri che evocano l’ambientazione narrativa. Così l’abito, si trasforma, double face, percorre l’infanzia, l’adolescenza e la maturità della giovane Maria, fino ad indossare i colori del lutto. La traduzione scenica parte infatti dal ritorno del personaggio di Maria sull’isola, partecipando con il pubblico e condividendo il silenzio e la distanza che si sono create tra le due donne, per un tempo di separazione prolungato a Torino. Tutto scorre, nei settanta minuti atto unico, del monologo, a tratti nelle parole del romanzo della Murgia, e subito dopo nella voce del personaggio di Maria che si rende carne, con l’interpretazione convincente e talentuosa di Anna Della Rosa, che la vedremo ancora in scena nel corrente mese, con Erodìas + Mater Strangoscias, di Giovanni Testori, con Sandro Lombardi, presso il teatro Filodrammatici a Piacenza in data 28-29-30 aprile. Emanuela Cassola Soldati