adattamento da "L'isola degli schiavi" di Marivaux
Regia Carullo-Minasi
Interpreti: Giuseppe Carullo, Cristiana Minasi, Gaspare Balsamo, Monia Alfieri
Scene e Costumi: Cinzia Muscolino
Disegno luci: Roberto Bonaventura
Assistente alla regia e alla scrittura scenica: Elena Zeta
Produzione: Compagnia Carullo-Minasi e La Corte Ospitale di Rubiera
al Teatro dei Naviganti -Magazzini del Sale dal 15 al 16 dicembre 2018
Per questo Bastasi della Compagnia Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi in coproduzione con La Corte Ospitale di Rubiera di Gaspare Balsamo in scena con Monia Alfieri, primo studio verso il definitivo spettacolo dell'anno prossimo che s'intitolerà Patruni e Sutta, è opportuno riferire che il termine in dialetto messinese indica quel travone che sorregge il tetto delle antiche case o quelle di campagna. Bastasi indica pure quegli scaricatori di porto forzuti e nerboruti, invero in via di estinzione, o quelle persone che non hanno un comportamento civile, come quello di buttare carte dal finestrino della propria macchina o i sacchetti di spazzatura dalla finestra di casa, pensando evidentemente di poterlo fare perché si sentono padroni rispetto a quelli che per vari motivi stanno sotto. Un rapporto di forza che esiste da quando è apparso l'uomo nella terra, esercitato da faraoni e imperatori romani nei confronti di chi stentava a ribellarsi. Nello spettacolo in questione si parte invece da L'isola degli schiavi di Pierre de Marivaux, una commedia in 2 atti scritta nel 1725 che illumina i legami esistenti tra padrone e servo, così come aveva fatto in quella serie di lavori in cui esaltava l'amore in varie salse e per i quali gli fu coniato il termine di marivaudage, quale sinonimo di "gioco raffinato intorno alla sottigliezza dei casi sentimentali". S'inizia con un naufragio di quattro sopravvissuti - due padroni Iphicrate e Cleante e due servi Arlecchino e Euphrosine - che giungono in quest'isola, così chiamata, perché popolata da schiavi fuggiti dai padroni non sopportando più le loro angherie. Nell'isola c'è un saggio governatore, Trivellino, che qui non appare mai, che ha stabilito una legge che impone uno scambio di ruoli tra servi e padroni perché l'isola è un luogo di redenzione: i nobili padroni devono pentirsi della propria superbia ed arroganza, mentre i servi devono liberarsi del rancore che nutrono verso i padroni. Quando sarà avvenuta questa redenzione ognuno riprenderà il proprio ruolo e tutti ritorneranno nel loro vecchio mondo. Servi e padroni si scambiano non solo i ruoli, ma anche gli abiti e i nomi. La scena di Cinzia Muscolino al Teatro dei Naviganti dei Magazzini del Sale è occupata da due cubi/sgabelli in cui si leggono chiari i termini di Patruni e Sutta e dopo un inizio di Balsamo/Iphicrate in stile cuntista nel segno di Cuticchio per il modo sincopato di profferire verbo, intreccia con Carullo/Arlecchino una pantomina tra il comico e l'assurdo sul nome che gli piacerà adottare, ricordandosi poi di assumere il ruolo di padrone relegando l'altro in quello di schiavo. Entrano in scena la schiava Euphrosine/Minasi e la padrona Cleante/Alfieri: le due vengono inquadrate all'interno d'una cornice di drappo colorato e dopo alcuni approcci amorosi, andati a vuoto, da parte della prima, passerà la mano ad Arlecchino che piacevolmente cercherà un ronf-ronf con Cleante denudandola sino alla vita. Uno spettacolo sin qui asciutto, concreto, per raccontare utopisticamente lo scambio di ruoli tra servi e padroni e certamente un lavoro in cui Marivaux avrà avuto un ruolo per aver promosso idee libertarie che porteranno alla rivoluzione francese, anticipando in parte l'intuizione di Freud per il quale lo scambio di coppia tra servi e padroni rivelerà che il sesso è una componente non secondaria nei rapporti di classe.
Gigi Giacobbe