Testo e regia di Giorgio Gallione
Con Eugenio Allegri
Scene e costumi di Guido Fiorato, Video a cura di Francesco Frongia, Musiche di Paolo Silvestri, Luci di Aldo Mantovani
Collaborazione alla drammaturgia Giulio Costa / monologo finale di Enzo Costa
Produzione Teatro dell'Archivolto in collaborazione con Teatro Stabile di Genova
In scena al Teatro Carignano di Torino il 30 e 31 ottobre 2012
In scena al Teatro dell'Archivolto di Genova dal 9 al 21 novembre 2012
La scelta del nero come colore dominante della scena neutralizza la profondità dei praticabili e mette in risalto la centralità spaziale e drammaturgica di due imponenti schermi sui quali scorrono immagini di repertorio: slogan, simboli, volti, luoghi accompagnano il racconto della vita pubblica di Enrico Berlinguer e di un pezzo di storia politica italiana. Alla sinistra del palco un vecchio registratore a bobine è l'unico elemento scenico che dichiara il tempo in cui il racconto ha inizio: è il 1943 e il giovane Berlinguer prende parte a Sassari alla "rivolta del pane".
L'operazione teatrale realizzata da Giorgio Gallione è un tentativo ben riuscito di omaggiare la figura di Enrico Berlinguer, miscelando con sapienza il resoconto degli avvenimenti storici, occorsi nel periodo in cui egli fu militante e in seguito leader del partito comunista italiano, e la riflessione sui suoi "pensieri lunghi": dalla delusione e dallo spaesamento a seguito della scoperta dei gulag al progressivo distacco dalla madre Russia; dal compromesso storico alla questione morale.
Alle parole di Berlinguer si aggiungono quelle di altri grandi statisti e intellettuali comunisti, che ebbero parte nella sua formazione e nella sua condotta politica: il j'accuse di Antonio Gramsci contro gli indifferenti riecheggia dal passato come un'invettiva inascoltata contro la maggioranza degli italiani che ancora oggi non prende posizione, non si ribella, si lascia fagocitare dalla televisione.
Dalle riflessioni di Berlinguer affiora l'aspetto ideologico ma anche quello più squisitamente umano: il riserbo, la sobrietà, il senso di responsabilità e di servizio. Inevitabile arriva il confronto con gli uomini politici di oggi, con cui lo spettacolo si avvia alla conclusione: sui monitor scorrono ritratti impietosi in cui gli sguardi allucinati, i ghigni grotteschi, le pose ridicole e volgari dei nostri parlamentari non hanno bisogno di commento.
Il carisma del personaggio, lo spessore del racconto e la regia dinamica di Gallione non si fondono, tuttavia, con l'interpretazione di Eugenio Allegri. L'elegantissimo tre pezzi grigio scuro imprigiona i movimenti che risultano impacciati; la voce fa fatica a scaldarsi. La drammaturgia intensa e rigorosa che unisce la narrazione di fatti e date all'interpretazione di alti pensieri, pare al servizio dell'attore e non viceversa.
Il monologo finale raccoglie il senso dell'eredità di Berlinguer, oggi più che mai dimenticata: l'onestà e l'umiltà nel servire la cosa pubblica. Lo spettacolo di Gallione si dimostra un buon esempio di teatro che assolve alla sua funzione primigenia di specchio, giudice e memoria storica della società in cui vive.
Marianna Norese