con Antonio Rezza
e con Ivan Bellavista e Giorgio Gerardi
regia: Flavia Mastrella e Antonio Rezza
disegno luci: Maria Pastore
Roma, Teatro Vascello, dal 27 novembre al 23 dicembre 2007
Di un certo Bahamut si sa molto poco, gigantesco pesce della mitologia babilonese, oggetto da Final Fantasy, ossessione di Borges, ma ci si può avvicinare di più all'oggetto (fino al 23 dicembre al Teatro Vascello di Roma) grazie allo spettacolo di Antonio Rezza e Flavia Mastrella a cui per la prima volta è stato concesso un teatro «vero» che gli oggetti d'arte di Mastrella messi in scena contribuiranno in ogni caso a dissolvere e la presenza (scenica? marziana? pronta per le olimpiadi?) di Rezza a sbeffeggiare nella loro compostezza superba. Ed effettivamente un demone prende possesso del gentile attore che si trasforma in «cose» che sbriciolano la nostra mitologia, dentro e fuori il cubo icon scivoli extrageometrici di Flavia Mastrella.
(s.s)
Rèssa per Rezza. Al Vascello, davvero gremito per la prima di Antonio Rezza, lo spettacolo un po' in ritardo. Si abbassano le luci, qualcuno in platea tossicchia. Anche qualcuno dal palcoscenico, vuoto. Aumentano i segnali di impazienza, un'eco indisponente li riproduce. Perplessi prima del tempo, gli spettatori sono predisposti ad accogliere l'entrata di Antonio Rezza e dei suoi due silenziosi assistenti (Ivan Bellavista e Giorgio Gerardi). Paura del buio? Non andate, allora, perché Bahamut non perdona. L'Essere Supremo, il pesce reggimondo della cosmologia musulmana, l'Arché dell'insostenibile pesantezza del campàre, vi vuole motivati alla sopportazione. Ma Bahamut è anche il titolo dello spettacolo di Flavia Mastrella e di Rezza (in scena fino al 23), liberamente associato al Manuale di zoologia fantastica di Borges. Impiastricciato di personalità multiple e costretto a un movimento esasperato ed esasperante da una specie di forza endogena inarginabile, Rezza fa politica del colore e della metafora. Tiranno travicello, volteggiatore folle, nano dispettoso e manifestante post-litteram... Viene il dubbio che la questione sia meno "divertente" di quello che sembra.
Paola Polidoro