Racconti di ordinaria follia nel Museo dell'Archivio storico del Banco di Napoli
Da un'idea di Andrea Zappulli, Andrea Cioffi e Franco Nappi
Drammaturgia: Andrea Cioffi e Franco Nappi
Ispirata a racconti di Andrea Zappulli
Regia: Andrea Cioffi e Franco Nappi
Con: Franco Nappi, Andrea Cioffi, Chiara Vitiello, Daniele Acerra, Gennaro Maresca, Lucio De Francesco
Produzione Archivio Storico del Banco di Napoli, Il Cartastorie e Il Demiurgo
Museo dell'Archivio storico del Banco di Napoli, 4-5 gennaio 2017
Il racconto tenero e, nello stesso tempo, disperato di Filippo di Borbone: potrebbe diventare re, se non fosse per quel piccolo, ingestibile problema... Le storie d'amore di Isabella Croys: l'artista che dà vita ai colori, ma nello stesso tempo ne trae energia e significato; in ogni stagione della vita, ad ogni capoverso. La vicenda drammatica di un criminale comune, attraverso l'espiazione e un tortuoso flusso di coscienza che non ha fine ma è fine in sé e per sé. La testimonianza surreale del guardiano: il sorvegliante dei pazzi, costretto a tenere a bada uno spocchioso tenente austriaco e un lazzaro pescatore di Napoli.
Sono questi gli scheletri ricomposti dalla penna di Andrea Zappulli; le storie messe su carta e, tra carte in faldoni altissimi, rappresentate dalla compagnia Il Demiurgo. Il gruppo di giovani attori, specializzato in messe in scena nei siti di interesse storico-culturale, ricomincia il proprio tour nel 2017 dallo spettacolo Carte da legare – Racconti di Ordinaria Follia, presso il nuovo Museo dell'Archivio Storico del Banco di Napoli, il Cartastorie. 14mila metri quadri, 330 stanze e 17milioni di nomi tra fascicoli, pile di fogli e scaffali che raccontano la storia di Napoli dal 1539. Un luogo sacro, una raccolta sterminata di documenti, dove fedi di credito e causali di pagamento raccontano meglio di un libro aperto storie antiche e senza tempo. Personaggi per lo più sconosciuti, ma realmente esistiti, il cui spirito ancora aleggia in quelle sale. Imprigionato tra le carte che li riguardano.
Due archivisti appena assunti non hanno idea del luogo in cui sono chiamati a prestare servizio; delle anime da esso solennemente ospitate, che si sprigionano all'apertura di ogni singola scheda e carteggio. Richieste di denaro che nascondono storie, come il sogno di un'opera artistica da realizzare, un semplice debito da estinguere ed atre questioni di economia quotidiana.
Filippo di Borbone è il dolcissimo e disarmante sovrano mancato: l'eterno fanciullo, indifeso e impaurito; l'animo delicato e sensibile, appassionato di disegno e di musica. Fin troppo fragile. Definito 'distratto' da sua madre, maltrattato dal padre e dal fratello. Egli non regnerà nella reggia che crede fin da piccolo appartenergli, ma in un palazzo diverso, il Real Albergo dei Poveri, dove ci sono altri 'distratti' come lui.
Legata all'Albergo dei Poveri è anche la seconda storia: il guardiano dei pazzi, costretto a fare da paciere tra un tenente austriaco e un colorito pescatore di via Chiaia. I due indomiti contendenti non danno tregua al meschino sorvegliante, anzi lo ossessionano: lo tormentano, affollandogli il cervello a tutte le ore, con strilli, insulti e reciproche accuse.
Il tema della follia permea anche il terzo incontro, lungo il percorso costruito sapientemente dal Demiurgo, con Francesco: un ragazzo dagli occhi che scrutano, interrogano e mettono con le spalle al muro; un giovane uomo accusato di omicidio. E sì, ammettendo che abbia ucciso, può il massacro di decine di altri esseri umani (sotto le armi, con addosso una divisa) rappresentare l'espiazione?
La graziosa e sottile Isabella Crois, invece, racconta della sua famiglia (di origine fiamminga) dedita all'arte e in particolare alla pittura: del legame a tinte vivaci coi fratelli e col padre; di un matrimonio dai colori freddi e tristi, che solo finendo potrà permetterle di esplorare nuove ed esaltanti gamme cromatiche.
Il giro si conclude. Gli archivisti novelli si ritrovano insieme a un collega più anziano ed esperto... e alla verità. D'improvviso, quella che si dipana davanti agli occhi increduli dei neoassunti (e del pubblico) è la verità: il filo rosso che unisce le centinaia di migliaia di racconti racchiusi nell'archivio storico bancario più importante al mondo. La verità, che appartiene solo a chi la vive e si ritrova inconsapevolmente a metterla per iscritta tra le poche righe di una fede di credito. La verità, che non ha bisogno di prove perché sta dentro noi stessi.
Giovanni Luca Montanino