di Luigi Pirandello
con Miko Magistro, Margherita Mignemi, Riccardo Maria Tarci, Evelyn Famà, Maria Rita Sgarlato
e con Antonio Castro, Claudio Musumeci, Luigi Nicotra, Gianni Sineri, Giovanni Strano.
Regia Turi Giordano
Scene Susanna Messina, costumi Sorelle Rinaldi
al Teatro Brancati di Catania dal 5 al 22 gennaio 2017
Il giorno del matrimonio per consuetudine è un giorno di festa. Sia per i parenti dello sposo che della sposa. Durante il quale si chiariscono o vengono a galla fraintendimenti, inimicizie e verità nascoste. Situazioni ben manifeste nella novella di Pirandello Tutto per bene (1906), diventata 14 anni dopo un dramma con lo stesso titolo, tramutato nel 1921 in Ccu 'i nguanti gialli (Con i guanti gialli) dai chiari accenti dialettali girgentini, che Angelo Musco metterà in scena subito dopo. Si chiarisce che la nonna della sposa, Donna Sabbedda Mammamìa vedova Clarino, pacchianamente vestita da Margherita Mignemi con i costumi delle sorelle Rinaldi in compagnia dell'affettato e annoiato figlio Cocò (Luigi Nicotra), giunti ahi loro con un giorno in ritardo rispetto alla cerimonia nuziale, è una perfetta sconosciuta per la nipote Parma Teri (Evelyn Famà), che tuttavia accetterà con esagerata cortesia il regalo del gioiello chiuso in un astuccio. Vengono a galla rapporti rancorosi tra la vecchiarda nonna e suo genero, Don Masino Teri, cui Miko Magistro chiuso nel suo nero abito conferirà una indelebile prova d'attore, forse la sua migliore interpretazione che, per tutti i tre atti dello spettacolo al Brancati di Catania, vivrà un evidente status di disagio e di sofferta condizione, perché convinto che la sposa sia la sua vera figlia, mentre tutti gli altri, compreso lo sposo, il marchesino Fraviu Lanzara (Claudio Musumeci), il suo amico Baruneddu (Giovanni Strano) e soprattutto il Commendatore Saru Nicosia (Riccardo Maria Tarci) un lestofante dall'aspetto signorile che ha fatto carriera in politica, sono convinti che quella creatura in abito bianco sia figlia di quest'ultimo. Sapremo dagli astanti che la figlia di Donna Sabbedda, maritata con Don Masino, è morta tre anni dopo il loro matrimonio e che dalla loro breve unione è nata una bambina, appunto Parma, cresciuta, viziata, coccolata in modo paterno dal Commendatore Nicosia, notoriamente amante della moglie di Don Masino e suo benefattore al punto da ricevere riconoscimenti tangibili nel suo iter lavorativo, diventando addirittura capo archivista di prefettura. Insomma tutti sanno che Don Masino è cornuto-contento, l'unico a non saperlo è proprio lui. Lui che amorevolmente e devotamente per sedici anni, tutti i giorni con qualunque tempo, porta al cimitero fiori per la moglie, per giunta trattato con disprezzo e isolato da parenti e amici, compresa la figlia che ad un tratto gli rivelerà, come cosa nota, il tradimento della madre. Nella testa di Don Masino questa verità ha l'effetto d'una bomba, d'una tempesta adrenalinica che gli pervade il corpo e l'anima. Deve reagire, vendicarsi in qualche modo. Intanto andando a trovare nottetempo a casa sua il Nicosia, spiattellargli la tresca con la moglie, l'amicizia tradita, l'appropriazione di sua figlia, prendendolo a più riprese per la pettorina non andando più oltre. Poi gli intima di far venire in quella casa al più presto i novelli sposi per delle importanti rivelazioni. Che non riguardano più i tradimenti dei due amanti, ma l'accusa verso il Nicosia d'essere un ladro, non solo del suo onore ma anche d'essersi impossessato d'un testamento della moglie unica beneficiaria di notevoli ricchezze lasciatele da un tale barone Mennula. A questo punto la Parma di Evelyn Famà, che dimostra d'essere un'attrice di grande temperamento, capisce d'essere stata allevata da un farabutto approfittatore, d'essere stata per tanti anni con gli occhi bendati, lontana da quel padre al quale si sente d'appartenere e che le ha sempre voluto bene, un vero galantuomo che s'è sempre comportato tuttu ccu versu e ccu manera ...( tutto per bene e con maniera) e Ccu 'i nguanti gialli. Si faceva notare la si-donna Pippinedda di Maria Rita Sgarlato e sfuggenti erano le apparizioni dei camerieri Antonio Castro e Gianni Sineri. Scena quasi sempre la stessa di Susanna Messina ( un salone con vetrata semicircolare che talvolta si colorava d'azzurro o di rosa con le stesse poltroncine colore corda che subivano vari spostamenti nei tre atti). Eccellente la regia di Turi Giordano rivolta in particolare perché i protagonisti fossero veri nei loro caratteri, tanto da far emozionare parecchi spettatori che uscivano dal teatro con gli occhi umidi e arrossati.
Gigi Giacobbe