di Pirandello
Regia di Federico Magnano San Lio
Interpreti: Miko Magistro, Carmen Panarello, Massimo Leggio, Alessandro Sparacino,
Giovanni Carta, Fabio Costanzo, Paolo Guagenti,
Vincenzo Ricca, Alessandro Chiaromonte, Leandra Gurrieri
Scene e costumi: Riccardo Perricone
Luci: Simone Raimondo
Produzione: Teatro della Città- Catania
al Piccolo Teatro di Catania dal 13 al 23 dicembre 2018
I cornuti dipinti da Pirandello si vendicano nei modi più eccentrici e intelligenti, con una raffinatezza, direi, matematica. In ballo c'è la propria immagine, il proprio "pupo", la salvaguardia della forma e il rispetto della propria dignità. Cerco di tracciare gli esempi più eclatanti tratti dalle sue opere: il Don Masinu Teri del testo dialettale di Ccu 'i nguanti gialli (Con i guanti gialli) fotocopia quasi del più noto Tutto per bene in cui il personaggio diventa Martino Lori, scopre solo dopo diciannove anni che la moglie lo tradiva con un uomo politico e la sua vendetta consisterà nello sputtanarlo davanti alla figlia nata da quella tresca, dandogli del ladro con documenti alla mano e farsi volere bene da quella giovane e ignara creatura. Ne Il piacere dell'onestà Angelo Baldovino costretto a subire l'iniziativa dell'amante della moglie, che vorrebbe spingerlo al furto per sbarazzarsi di lui, rifiuterà categoricamente qualunque comportamento disonesto. Ne Il berretto a sonagli lo scrivano Ciampa risolve i suoi problemi di corna con l'escamotage della pazzia, costringendo la moglie del suo principale a farsi internare in una casa di cura. La fila dei personaggi col cervello fine s'allunga con il Leone Gala de Il gioco delle parti, andato in scena adesso nel Piccolo Teatro di Catania con l'accurata regia di Federico Magnano San Lio, in grado con quattro sedie, due velatini come quinte e un fondale nero con un ampio tondo di un orologio in cui vi è raffigurato un naso e due labbra rosse di rossetto, di realizzare un eccellente spettacolo in due tempi. Grazie ad un cast affiatato e ad uno straordinario Miko Magistro, calato perfettamente nel ruolo di Leone Gala, pure distinto gourmet, che subisce con serafica e ironica pazienza le corna della moglie Silia, vestita da una Carmen Panarello disperata, prorompente, fibrillante, erotica come una Lulu di Wedekind, sbucata fuori con quei raffinati abiti vintage di Riccardo Perricone (sua pure la scena minimale) da alcuni dipinti espressionisti di Kirkner. Certamente il dramma da un lato è la fine vendetta d'un marito geloso nei confronti dell'amante della moglie, Guido Venanzi (autorevole la prova di Massimo Leggio), infatti mentre accetta la sfida di battersi con la spada con l'insolente marchesino Miglioriti (Paolo Guacenti) che ha mancato di rispetto alla moglie in compagnia di due amici ubriachi con maschera, antesignani quasi di quei teppistelli Kubrickiani di Arancia meccanica, lascia all'amante il compito di battersi in duello e certamente perire, vista la bravura dell'antagonista, perché è Venanzi in quel momento a vestire i panni del "vero" marito. Tuttavia da un'altra angolazione potrebbe essere il sottile gioco d'un marito disincantato e calcolatore che ha scoperto il senso della vita nel vedersi vivere o che ha capito tristemente l'impossibilità d'un rapporto a due o d'intenderlo in un modo diverso, così come dirà il Gala alla moglie Silia: «Noi non siamo mica separati. Viviamo in perfetto accordo, divisi...». E potrebbe pure essere un esempio di rapporto sado-maso, oppure uno spettacolo "crudele" alla maniera di Artaud. Potrebbe infine essere, pensando a quel film di Buñuel, Il fantasma della libertà, l'aver capito i protagonisti che la libertà non esiste e che è solo, appunto, qualcosa di etereo, di impalpabile. Potrebbe essere tante altre cose ancora, a seconda di chi vive la propria vita, appunto secondo Il gioco delle parti. Un po' sopra le righe il cuoco Filippo di Giovanni Carta che stanziava in casa di Leone Gala, il Barelli tiratore affidabile di Fabio Costanzo e il dottor Spiga di Alessandro Sparacino. Gigi Giacobbe