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CASA NOVA (LA) – regia Giuseppe Emiliani

"La casa nova", regia Giuseppe Emiliani "La casa nova", regia Giuseppe Emiliani

di Carlo Goldoni
regia di Giuseppe Emiliani

aiuto regia Sandra Mangini

con Piergiorgio Fasolo, Stefania Felicioli, Valerio Mazzucato, Lucia Schierano
e
con gli attori della Compagnia Giovani del Teatro Stabile del Veneto: Simone Babetto,
Andrea Bellacicco, Maria Celeste Carobene, Eleonora Panizzo, Cristiano Parolin,
Federica Chiara Serpe, Leonardo Tosini

scene e scenografia virtuale Federico Cautero per 4DODO
costumi Stefano Nicolao per Costumi Atelier Nicolao
musiche di Leonardo Tosini
luci di Enrico Berardi
produzione Teatro Stabile del Veneto
Trieste, Politeama Rossetti, 11 febbraio 2020

www.Sipario.it, 16 febbraio 2020

“Credo che mi sia lecito di preferirla a molte altre, e di collocarla nel numero delle mie dilette.” Scrive così Carlo Goldoni ne L’autore a chi legge della sua commedia in dialetto veneziano “La casa nova”, rappresentata con grande successo di pubblico e critica al Teatro San Luca nel 1760. Anche Gasparo Gozzi sulla “Gazzetta Veneta” ne tesse le lodi e la definisce “commedia dilettevole, commedia utile, commedia vera” per la sua capacità di ricreare la freschezza della conversazione familiare, piegandosi ad uno stile diretto e naturale per seguire un intento mimetico e riprodurre la semplice vita quotidiana a Venezia. E ancora lo stesso Goldoni, a premessa dell’edizione Pasquali, riconosceva che “i caratteri sono tutti presi dalla natura” e che “la morale è ragionevole, e non pedantesca”. Anche noi contemporanei non possiamo non coglierne la forza drammaturgica e la briosa naturalezza ma anche l’attualità dell’impianto tematico.
Lo ha dimostrato altresì magistralmente il regista Giuseppe Emiliani, esperto di testi spettacolari goldoniani. Ha scelto di mettere in scena questa “commedia d’ambiente - come lui stesso la definisce - in cui lo spazio poetico è occupato innanzitutto dalla vivacità dei dialoghi”, per altro ingiustamente poco frequentata per il numero cospicuo di attori che vi devono essere coinvolti, puntando su un cast in prevalenza giovane. Produzione del 2019 del Teatro Stabile del Veneto, lo spettacolo è uno scrigno di meraviglie che si apre lentamente davanti agli occhi stupiti degli spettatori, colti di sorpresa da tanta bellezza dialogica, coralità, ritmo scenico ed efficacia di elementi comici.
Come una costruzione drammaturgica perfetta insegue il crescendo di situazioni liete e incresciose che si snoda intorno a un trasloco, organizzato da una novella coppia di sposi. Entrambi di origini popolari, Anzoletto (Andrea Bellacicco) e Cecilia (Maria Celeste Carobene) soddisfano le smanie frenetiche da parvenu, alla ricerca di una  grandeur aristocratica ed effimera che li porterà sul lastrico. Scelgono una casa molto grande per la loro nuova vita insieme e la arredano tra mille divertenti ripensamenti, servendosi di una squadra di tappezzieri, falegnami, fabbri e pittori. Oltre alla cameriera pettegola Lucietta (Federica Chiara Serpe), con loro abiterà suo malgrado Meneghina (Eleonora Panizzo), la sorella nubile di Anzoletto, innamorata dello squattrinato Lorenzino (Leonardo Tosini), che si scoprirà cugino delle avvedute vicine del secondo piano, Checca (Stefania Felicioli) e Rosina (Lucia Schierano). Solo la presenza nel finale del “barba” Cristofolo (Piergiorgio Fasolo), rappresentante del buon senso e della morale mercantile, ristabilirà l’ordine familiare, offrendo una sistemazione più modesta, e provvederà a saldare i debiti, cacciando cicisbei e nobili scrocconi (Simone Babetto e Cristiano Parolin).
La regia ha il merito di far brillare con delicatezza tutta la bellezza del discorso goldoniano, capace di trasmettere sentimenti e tematiche universali: affannosa ricerca dell’apparenza, pulsioni giovanili, scontro generazionale, gusto del pettegolezzo. I vestiti della sartoria lagunare Nicolao Atelier riproducono modelli d’epoca senza rischi oleografici e si sposano con gli interni maestosi e decadenti dell’edificio veneziano, in parte anche virtuale, ideato da Federico Cautero.

Elena Pousché

Ultima modifica il Lunedì, 02 Marzo 2020 14:50

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