da: Molière, Da Ponte, Mozart
adattamento e regia: Arturo Cirillo
con: Arturo Cirillo nel ruolo di Don Giovanni
e con (in o.a.): Irene Ciani, Rosario Giglio, Francesco Petruzzelli, Giulia Trippetta e Giacomo Vigentini
scene: Dario Gessati
costumi: Gianluca Falaschi
luci: Paolo Manti
musiche: Mario Autore
Produzione: Marche Teatro, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale,
Teatro Nazionale di Genova, Emilia Romagna Teatro / ERT Teatro Nazionale
Visto a Monza, al Teatro Manzoni il 15 novembre 2024
Magnifico il “Don Giovanni” di Cirillo intrecciando Da Ponte/ Mozart con Molière Grande, grandissimo teatro, al confine tra prosa e lirica - e non solo perché in questo “Don Giovanni” dell’ardito Cirillo c’è anche un po’ di Mozart/Da Ponte, ma per la concezione stessa della regia, con una scenografia imponente e mobile, il potere coinvolgente del canto, i costumi, sempre però con la straordinaria competenza dell’uomo di teatro, che, nella prosa, sa sintetizzare, interpretare, scegliere le battute, azionare un perfetto marchingegno di entrate e uscite, utilizzare - come i maggiori drammaturghi/ registi (e qui c’è anche Molière) - molti attori in più ruoli, anche fino a quattro, ciascuno definito con rigore in ogni parte, per costumi, postura, ritmo comunicativo nelle battute. E’ stato questo spettacolo vorticoso, dove anche le scalinate si muovono, così le statue (non solo quella del Commendatore!), ad aprire assai felicemente la stagione 2024/25 di Monza: ottima scelta l’idea di una teatralità trascinante, che lascia senza fiato, ma ricca anche di formidabili intuizioni a livello di lettura critica tradotta per ogni passaggio in stupefacente teatralità. Con applausi a non finire al termine, con un intenso sentimento di piacere condiviso da parte del pubblico colmo di ammirazione per Arturo Cirillo nella parte del libertino voglioso di donne d’ogni genere (la famosa lista), ma anche razionalista cartesiano che crede solo alla limpida verità della matematica: nella scelta dei brani da Da Ponte prevale lo spirito illuminista, il libertino/ libertario, 1787 la data del debutto a Praga, mentre con Molière - il suo “Don Giovanni” fu rappresentato per la prima volta a Palais-Royal nel 1665, Cartesio morto una quindicina d’anni prima - si colgono sfumature psicologiche più complesse, lui, pur alla ricerca di certezze logiche, ben conosce le debolezze dell’uomo, la bellezza capace d’incantare. “Ma hai mai provato, tu, a turbare il cuore di una bella ragazza? A entrare con cento complimenti nelle sue fantasie?” Sta parlando a Sganarello naturalmente (scelto questo come nome per il servo, figura dialettica, doppio si è detto, o complementare a Don Giovanni), che assorbe in sé anche Leporello, sua la battuta iniziale, “Notte e giorno faticar…Voglio fare il gentiluomo/ e non voglio più servir…”. A due anni dallo scoppio della Rivoluzione Francese. Arturo Cirillo riesce a comporre una struttura drammaturgica perfetta osando fondere con intelligenza testi dalle caratteristiche affini, certo, ma con una loro forte autorevolezza, ciascuno con una propria ben definita identità. Ma non poteva bastare: ci voleva la sua compagnia, attori, che sono anche cantanti e ballerini, che entrano ed escono da diversi personaggi, creano attese, trasmettono energia. Farsa e tragedia fusi con ironia, Sganarello moralista ma a tratti anche invidioso, con il desiderio di gustare anche lui un po’ dei piaceri che il padrone persegue con tenacia. Certamente suo complice, Il tutto avvolto nella malinconia. Così le prime note tratte dall’Ouverture, già cariche dell’angoscia finale. “Non passa giorno che non pensi alla morte” scriveva Mozart - e intanto si ride delle battute di Sganarello, in alcuni passaggi proprio da Commedia dell’Arte. Così si rivela presto: sentita la voce del padrone domanda “Chi è morto? Voi o il vecchio?”. Perfetti i ritmi nelle parti nate per la musica, in rima. Tutto corre in fretta: così Don Giovanni verso la fine, che qui poco ha d’infernale. Il no al pentimento è forte, deciso, ma forse non c’è un al di là con torture e fiamme, scegliendo Cirillo di conservare la battuta finale dello Sganarello molieriano : “E la mia paga? La mia paga? Chi mi pagherà?” L’eccellente Giacomo Vigentini/ Sganarello è il solo ad avere, insieme ad Arturo Cirillo/ Don Giovanni, un unico personaggio, per le attrici Giulia Trippetta è solamente Donna Elvira. Irene Ciani è Donna Anna e Zerlina; Rosario Giglio è Don Luigi (padre di Don Giovanni), il Commendatore e signor Quaresima; Francesco Petruzzelli è Don Ottavio, Masetto, un povero, Ragotino (lacchè di Don Giovanni). Una piccola compagnia dunque per uno spettacolo grandioso, di magica efficacia anche le luci. Don Giovanni e Sganarello sono quasi sempre in scena, una sorta di doppio, quasi a specchio, personaggi dipendenti l’uno dall’altro. Nella ricchezza scenografica - e dei costumi - sullo sfondo, nella terrazza superiore, alberi e statue, ai lati ampi specchi deformanti. Piange disperata Elvira quando Sganarello srotola dall’alto della scala la lista delle conquiste, Don Giovanni ascolta, mefistofelico, con il suo mantello come protezione. Da Molière alcune scene essenziali, il piacere della conquista di chi ancora non ha sperimentato l’amore, la sfida al mendicante invitato a bestemmiare, frammenti scelti che “complicano” il libretto di Da Ponte, offrendo ulteriore densità al favoloso mito di Don Giovanni. Lazzi e dramma. Il “Don Giovanni” di Cirillo non dura neppure due ore, si brucia in fretta come l’erotismo ossessivo del protagonista che sembra voler fuggire la morte e insieme attrarla. Uno spettacolo di rara bellezza, stratificato, colto, ironico, tragico e leggero: bravissimi tutti, tra i più grandi del teatro italiano Arturo Cirillo. Valeria Ottolenghi
Una straordinaria compagnia di attori, una teatralità travolgente tra farsa e dramma