di Eduardo De Filippo
traduzione: Fabrice Melquiot
con Marie Ballet, Pierre Barrat, Bruno Fleury, Christine Gagnieux, Kamel Isker, Evelyne Istria, Alain Libolt, Cécile Pericone, Stephen Szekely, Daniel Tarrare, Anne-Laure Tondu
regia: Gloria Paris
spettacolo in lingua francese con sopratitoli in italiano
Roma, Teatro Valle, dal 30 ottobre al 4 novembre 2007
Per la Filumena targata Parigi sorrisi e canzoni
In fondo, la recensione di questa «Filumena Marturano» - ossia dell'allestimento del celeberrimo capodopera eduardiano che il parigino Atelier Théâtre Actuel presenta adesso al Mercadante - la scrisse una ragazza, Alexandra Maurice, che lavorava all'Athénée-Louis Jouvet, dove nel febbraio dell'anno scorso l'allestimento in questione venne dato, nell'ambito del festival «Un peu d'Italie à l'Athénée», accanto a quello di «Sabato, domenica e lunedì» firmato da Toni Servillo. Quando, al termine di «Sabato, domenica e lunedì», le chiesi perché gli spettatori avessero riso così tanto, Alexandra mi rispose: «Qui a Parigi si vede la vita in Italia come una commedia». Infatti, Gloria Paris, la regista dello spettacolo in scena al Mercadante, ha detto di «Filumena Marturano» che è «un testo comico dal valore fortemente drammatico». E a parte l'ossimoro, un bisticcio francamente incomprensibile, mi permetto di osservare - da un modesto punto di vista napoletano - che in quel testo fa capolino (altro che Scarpetta!) un certo signor Strindberg. Qui non c'è amore, c'è rancore: qualcosa, addirittura, di più crudele dell'odio. E forse perciò, inconsciamente o meno che sia, Eduardo la cerimonia nuziale tra Filumena e Domenico non ce la fa vedere, nascondendola dietro una tenda e sotto una coltre di buio completo. La Paris, invece, quella cerimonia ce la mostra in piena luce, con tanto di scambio delle fedi e con il commento di «Sei nata per me» cantata da Celentano. Non a caso, la regista italo-francese ha dichiarato che la prima ispirazione per il suo allestimento le venne dall'aver ascoltato alla radio il film, appunto «Matrimonio all'italiana», che De Sica trasse dal testo di Eduardo: la sequenza di cui parliamo costituisce un equivalente del primo piano, così come lo spot che isola Filumena mentre rivolge la sua invocazione alla Madonna delle Rose o il tovagliolo annodato intorno al collo di Domenico quando arriva il cameriere con la cena che lui avrebbe dovuto consumare assieme a Diana una volta morta Filumena; o, ancora, gli esercizi da acrobati circensi che adottano i tre figli di quest'ultima durante il loro alterco. In breve, siamo di fronte a uno spettacolo survoltato, e per l'appunto nella dimensione prevalente del comico: come dimostra anche il fatto che - al posto dei due intervalli - arrivano le registrazioni integrali di «Guaglione» (con annessa pantomima sculettante della serva Lucia) e «Munasterio 'e Santa Chiara» nell'esecuzione intimistica di Roberto Murolo. Insomma, vale nella circostanza lo stesso ragionamento che feci a proposito dell'allestimento di «Questi fantasmi!» con John Turturro protagonista: si tende a imprigionare Eduardo nella gabbia di ciò che rappresenta Napoli nell'immaginario collettivo del Paese in cui viene portato in scena. Naturalmente, quanto sopra prescinde dalla pulizia formale dell'allestimento e dall'impegno e dalla bravura degli interpreti: primi fra tutti Christine Gagnieux (una Filumena opportunamente giocata sui nervi), Pierre Barrat (Alfredo Amoroso) ed Evelyne Istria (Rosalia Solimene). Ma, Francia per Francia, nell'uscire dal Mercadante io pensavo a Villon: sembrandomi di dover annoverare anche la Marturano fra le sue «dame del tempo andato».
Enrico Fiore
Filumena Marturano non sa leggere e non sa piangere. Ha dovuto imparare a fare i conti, quelli grossi, e ha depositato la vita al Monte dei Pegni per garantire un futuro ai suoi tre figli, nati da rapporti con uomini di passaggio. E non abortiti perché la Madonna stessa (o era una donna da una finestra aperta?) ha suggerito a Filumena che "i figli so' figli", "les enfants sont les enfants". Sessant'anni fa come oggi, nella Napoli di san Potito e nella Parigi delle banlieues, lei si alza dal letto e rimanda la morte. Questo vuole dire l'allestimento di Gloria Paris al Valle, edizione francese della commedia eduardiana (sovratitoli in italiano). Tutto sembra stravolto, eppure non ci sentiamo traditi se gli attori occhieggiano al mimodramma, se sfilano come spettatori invisibili ai margini della scena, se qualcuno ha relegato Napoli ai nomi dei quartieri (lasciati in dialetto) e alle canzoni. Filumena e Domenico (i bravi Christine Gagnieux e Alain Libolt) parlano un francese aspro, tagliente. Ma è pur vero che la paternità e i drammi familiari continuano a tramandarsi col sangue, di generazione in generazione. Forse nulla è cambiato? Fino a domani a Roma, dal 6 al Mercadante di Napoli.
Paola Polidoro