di Annibale Ruccello, regia di Arturo Cirillo
Con Sabrina Scuccimarra, Monica Piseddu, Arturo Cirillo, Nino Bruno
Scene di Dario Gessati, costumi di Gianluca Falaschi, musiche di Francesco De Melis, regista assistente Roberto Capasso.
Produzione Fondazione Salerno Contemporanea e Teatro Stabile di Innovazione
Teatro Sperimentale, Ancona 10 febbraio 2013
Già, senza passato non c'è futuro: Ferdinando, testo straordinario di Annibale Ruccello scomparso prematuramente quasi trenta anni fa e riportato ora in scena con un nuovo allestimento dal conterraneo Arturo Cirillo, è un grido della memoria per la memoria, in cui si intrecciano gli umori e il vissuto di un grande autore e la sua passione per le tradizioni popolari.
Merito della regia è nell'aver messo in risalto la drammaturgia di corpi e di contrasti: il nuovo della rampante borghesia liberale in ascesa contro il vecchio mondo borbonico, la vita stanca, annoiata e incattivita di una nobildonna decaduta, quella gelida e prosciugata della sua cugina cameriera e quella ambigua di un untuoso prete di provincia che non sa resistere al peccato, contro la vivacità di un parvenu venuto a gettare scompiglio, dentro al letto di tutti e tre come al di fuori. Su tutto, il pulsare di un dialetto che si presta a mille sfumature contro il piatto e sterile grigiore dell'italiano nazionale, canto d'amore di Ruccello verso quella parlata castellanese che più di ogni altra lingua sentiva sua e che Cirillo relega a favella di pura facciata, lingua ormai passata e di pura rappresentazione, come a dire che il nuovo non bisogna tentare di fermarlo ma va accettato e semmai rinvigorito con quello che è già stato.
Sulla scena essenziale di pochi elementi da camera, trionfa il rosso dell'enorme drappo che fa da sfondo, torvo come l'ambiguo Don Catellino di Arturo Cirillo. Sabrina Scuccimarra dà un'eccellente prova di Donna Clotilde, Monica Piseddu restituisce bene il contrasto interiore di una Gesualda che alla fine è l'unica a cui riesce di provare pietà per quanto accaduto, mentre Nino Bruno fa di Ferdinando un personaggio forse un po' troppo fragile, perlomeno fino allo scioglimento finale in cui domina la scena con la doppiezza del suo carattere.
Silvia Barocci