ARTURO CIRILLO
CYRANO DE BERGERAC
da Edmond Rostand
adattamento e regia Arturo Cirillo
con Arturo Cirillo
e con ( in o.a) Irene Ciani, Rosario Giglio, Francesco Petruzzelli, Giulia Trippetta, Giacomo Vigentini
scene Dario Gessati
costumi Gianluca Falaschi
luci Paolo Manti
musica originale e rielaborazioni Federico Odling
costumista collaboratrice Nika Campisi
assistente alla regia Mario Scandale
assistente alle scene Eleonora Ticca
produzione MARCHE TEATRO, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, Emilia Romagna Teatro / ERT Teatro Nazionale
Roma – Teatro Ambra Jovinelli 17-28 aprile 2024
Un uomo, o un personaggio, in fondo salvato dal teatro, ora che il teatro ha più che mai bisogno di essere salvato. Con queste parole, Arturo Cirillo sugella le brevi ma precise note di regia del suo Cyrano de Bergerac, che ora è in scena all’Ambra Jovinelli prima di concludere la sua lunga tournee a Padova. L’intramontabile capolavoro di Rostand torna sul palcoscenico in un allestimento tutto particolare. Un allestimento in pieno stile di contaminazione. Assistiamo, sì, alle vicende del segreto amore, mai confessato, del poeta spadaccino dal lungo naso per sua cugina Rossana. Udiamo, man mano che gli attori agiscono, i suoi intramontabili versi. Ma tutto viene diluito, interpolato, arricchito da canzoni, canzonette tipiche del varietà, numeri da musical. Cirillo ha pensato soprattutto all’artificio teatrale, e su questo ha impostato l’intero spettacolo. Cos’è, in fin dei conti, quella di Cyrano? Una recita, della quale egli è regista e suggeritore. Solo alla fine, quando più non sussistono le condizioni per credere all’incredibile (o quando l’incredibile ha portato Rossana a comprendere meglio, più approfonditamente, la realtà in cui vive), cadono maschere ed artifici. La verità sta svelata allo sguardo. Qui finisce Rostand e inizia la creazione di Cirillo. Perché il nostro regista decide, e non è un’idea poi tanto malsana, anzi: ha una sua stimolante originalità: il nostro regista decide di non far morire Cyrano. Cirillo si è chiesto: il poeta spadaccino più brutto per via del suo naso e al contempo più famoso della storia, chi è? Un mentitore, un contafrottole. A fin di bene: e chi può dubitarne? Nessuno osa mettere in discussione la sua assoluta buona fede, i suoi buoni propositi. Eppure la menzogna rimane sempre. Se non ci fosse, la teatralità dell’opera di Rostand verrebbe meno. E chi altri, si è chiesto Cirillo, nella storia della letteratura ordisce menzogne ad ogni occasione? Non tarda ad arrivare la risposta: Pinocchio. C’è un parallelismo fra Rostand e Collodi che Arturo Cirillo non esita a mettere in evidenza. Cyrano e Pinocchio Non sono semplicemente due personaggi. Essi sono due archetipi. Al di là delle maschere che rappresentano, dietro di esse sussiste, eterno e potente come non mai, l’archetipo della teatralità. I più diranno: della menzogna. Errore! Semmai, del verosimile: d’una realtà, cioè, che può accadere così come può non accadere. E sul finale, quando Cyrano è in punto di morte, i personaggi gli danzano intorno recitando le parole che Collodi scrisse quando, salvato dalla Fata Turchina, Pinocchio, convalescente, è sopravvissuto al tentativo di uccisione da parte del Gatto e la Volpe. Un’idea di regia bellissima, accompagnata dalla meravigliosa, vezzosa, disincantata ed ironica recitazione di Irene Ciani nei panni di Rossana. Con poco mordente invece, più indicativo e per niente interpretativo, il Cyrano interpretato da Arturo Cirillo: unica nota fuori posto in uno spettacolo vivace, fantasioso, ben diretto e molto bello. Pierluigi Pietricola