di Gianni Clementi
da un'idea di Antonio Calenda
con Nicola Pistoia e Paolo Triestino e con Francesco Benedetto
e Ismaila Mbaye, Ashai Lombardo Arop, Moustapha Dembélé, Moustapha Mbengue, Djibril Gningue, Ousmane Coulibaly, Inoussa Dembele, Elhadji Djibril Mbaye
regia Antonio Calenda
scene di Paolo Giovanazzi
costumi di Domenico Franchi
luci di Nino Napoletano
Produzione Fondazione Istituto Dramma Popolare - Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
San Miniato, Fondazione Istituto Dramma Popolare, dal 17 al 23 luglio 2014
"Finis Terrae", di Gianni Clementi,
una metafora su cui riflettere.
Regia di Antonio Calenda
Raccontare gli spettacoli è sempre un rischio, quello di cadere nella banalizzazione, poiché siamo del parere che vanno visti, vissuti.
Come va visto questo "Finis Terrae", andato in scena in prima nazionale, nella storica piazza di San Miniato, al suo 68esimo anno di attività, messo in scena dalla Fondazione Istituto Dramma Popolare di San Miniato in collaborazione col Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, regia di Antonio Calenda, nonché ideatore del progetto, scritto con abilità di soluzioni linguistiche e interventi di battute ironiche, dal drammaturgo Gianni Clementi.
Dopo una gestazione di un anno, tre settimane di prove, lo spettacolo è arrivato in scena prendendo valore di metafora critica su un tema di grande e tragica realtà: la migrazione dei popoli in sofferenza, per fame, guerre, povertà.
Spettacolo di contenuti alti, morali, etici, ma anche di denuncia verso una indifferenza che ci coinvolge un po' tutti e da cui non siamo capaci di uscirne.
Lo spettacolo, una miscellanea di segni, da situazioni reali, a sogni drammatici, da dialoghi quotidiani, dialettali, a linguaggi poetici, da musica e danze ad azioni emblematiche.
Questo progetto trova il suo asse portante nel gruppo africano (musicisti, attori, danzatori, interpreti, cantanti), composto da otto elementi, e da una interprete femminile di colore, personaggio portatore di un prossimo parto in coincidenza con la notte di Natale, proprio con la nascita di Gesù, spazio temporale in cui si dipana la storia di due contrabbandieri in attesa di una refurtiva da ritirare in riva al mare, quando arriva la tragedia dei migranti.
Mettere insieme questa storia non era facile e l'autore è stato abile nel farcire nel montaggio delle scene momenti ilari, ironici, necessari per mantenere una complicità col pubblico e far passare il messaggio di rilevante importanza.
Due attori di grande comunicabilità, abilità e sincerità di tempi, intenzioni e partecipazione sono stati Nicola Pistoia, Paolo Triestino, mentre il terzo attore italiano era Francesco Benedetto, nella parte del carnefice, violento, fustigatore che domina il gruppo di migranti: farà la fine come uno dei ladroni crocifisso. Stupefacente è l'arrivo notturno dei profughi uscenti dal mare, tutti in possesso di una croce i cui elementi posizionati sulla sabbia formeranno lo scheletro-prigione di una imbarcazione. Stupefacente la presenza di questi personaggi di colore che creano la dovuta dialettica di scontro con noi: sono per noi cosiddetti civili pugni nello stomaco.
Calenda ha saputo amalgamare i cambi di situazioni, dal quotidiano al metaforico, consegnando agli interpreti tutte le potenzialità espressive.
Stupefacenti sono anche le apparizioni dal mare di questi esseri umani alla deriva grazie alle luci di Nino Napoletano, i quali hanno agito in uno spazio circoscritto da rocce che come due braccia determinano l'arena degli eventi, ideato dallo scenografo Paolo Giovanazzi. I costumi in armonia con gli altri elementi scenografici erano di Domenico Franchi.
Il pubblico, attento e partecipante, ha poi vissuto con entusiasmo il momento finale musicale offerto dal gruppo africano, fantastico e coinvolgente nella loro esibizione. Applausi sentiti e prolungati.
Mario Mattia Giorgetti