sabato, 09 novembre, 2024
Sei qui: Home / G / GIULIO CESARE - regia Alex Rigola

GIULIO CESARE - regia Alex Rigola

"Giulio Cesare", regia Alex Rigola "Giulio Cesare", regia Alex Rigola

di William Shakespeare
traduzione di Sergio Perosa
adattamento e regia di Alex Rigola
con Michele Riondino, Maria Grazia Mandruzzato, Stefano Scandaletti, Michele Maccagno, Silvia Costa, Margherita Mannino, Eleonora Panizzo, Pietro Quadrino, Riccardo Gamba, Raquel Gualtero, Beatrice Fedi e Andrea Fagarazzi
spazio scenico di Max Glaenzel, spazio sonoro di Nao Albet
illuminazione di Carlos Marquerie, costumi di Silvia Delagneau, assistente alla regia Lorenzo Marangoni
produzione Teatro Stabile del Veneto ed Estate Teatrale Veronese
al Teatro Romano di Verona il 6 luglio 2016

www.Sipario.it, 8 luglio 2016

Cosa c'entra l'immagine del piccolo Aylan morto sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia con il lupo Ezechiele dei tre porcellini? Cosa c'entra lo sguardo basito di Barak Obama con Giulio Cesare? Sono gli interrogativi in immagini che suggerisce la messinscena di Alex Rigola della tragedia shakespeariana che ha aperto l'Estate Teatrale Veronese al teatro Romano. La violenza può essere giustificata dall'urgenza di difesa della democrazia? Come potrebbe nascere una nuova democrazia se questa fosse figlia del sangue? A queste domande cerca di dare una risposta Giulio Cesare di Rigola, partendo dall'assunto che muove la vicenda stessa del testo teatrale: è opportuno uccidere Cesare perché in esso c'è in nuce la tirannide e a rischio è la sopravvivenza stessa della res pubblica. Di questa operazione preventiva sono convinti i senatori, di questo è certo – cooptato per la sua autorevolezza – l'amato Bruto (Stefano Scandaletti), figlio adottivo di Cesare. Sembra quasi superfluo sottolineare come nell'omicidio di Stato di Cesare ci siano i prodromi contemporanei delle guerre intelligenti, delle missioni di pace, della necessità di intervenire sulla destituzione di tiranni a tutela della democrazia occidentale o di quella che lo statu quo considera democrazia.
È in questo sbilanciato e politico guardare all'oggi che Alex Rigola costruisce uno spettacolo visivamente pop, pensato come un teorema da dimostrare, suggestivo oratorio laico sulla fragilità della democrazia. Tutti vestiti da lupo Ezechiele pogano i cospiratori, homo homini lupus, recita l'adagio latino: così si apre Giulio Cesare. Sulla scena un parallelepipedo bianco su cui vengono proiettate immagini e la parola: words. Sono le parole che convincono e che seducono, sono le parole che porteranno Bruto a unirsi alla congiura contro Cesare, in una notte agitata e carica di presagi. Alex Rigola sceglie – con non troppo rigore per la verità – il taglio dell'oratorio, microfoni in primo piano e una sorta di volontà di schiacciare tutta l'azione sulla bidimensionalità di quel parallelepipedo che fa da fondale, da muro invalicabile, da stanza della mattanza, destinata ad aprirsi sull'orrore della carneficina.
Ciò che va in scena è la seduzione della parola/immagine, o ancora meglio la parola che modifica la realtà, che la crea. E allora i presagi oscuri del sogno di Calpurnia diventano benauguranti se raccontati da Casca a Cesare presago della sua fine, interpretato da Maria Grazia Mandruzzato. La scelta di Mandruzzato si spiega nell'immagine proiettata di lei Cesare/morto che interroga con lo sguardo lo spettatore: il volto duro, segnato e un po' androgino ha una sua algida bellezza che si sposa all'estetica calligrafica dell'allestimento. C'è in questa scelta forse anche un riferimento all'ambiguità di Cesare, osannato nei trionfi come 'regina'. Le mani e camicie bianche insanguinate dicono della carneficina raccontata e agita all'interno di quel parallelepipedo su cui compare la scritta S:P:Q.R. e su cui vengono proiettate immagini di sgozzamenti e sangue a profusione. Tutto accade ed è detto frontalmente, fino al discorso di Antonio (Michele Riondino) per i funerali di Cesare che trasforma la platea nel senato, complici gli attori disseminati fra il pubblico. Quel discorso è emblema dell'ambiguità del dire, della forza poetica e poietica della parola che fa e trasforma e alla fin fine della parola teatrale. E a questo assoluto verbale si oppone – in fondo – la seconda parte dello spettacolo che si vorrebbe più mossa e con esplicitata l'idea di un oratorio laico con gli attori/personaggi schiarati, sul modello di Bestia da Stile, già sperimentato da Latella nella sua maratona pasoliniana. L'uccisione di Cesare ha portato alla guerra: war proiettato sul parallelepipedo anticipa la seconda parte di questo Giulio Cesare contemporaneo. Davanti allo spettatore quella scatola mostra una montagna di ossa che nel susseguirsi concitato della guerra e della carneficina delle fazioni in gioco viene pian piano 'smontata' per fare emergere il pupazzone/sagoma del piccolo Aylan, monito alla violenza effetto delle democrazie tutelate, degli interventi chirurgici in nome di una 'apparente e più sognata che altro' pax globale e democratica.
Il Giulio Cesare di Alex Rigola è uno spettacolo molto pensato, costruito con intelligenza e voglia di porre interrogativi e al tempo stesso dimostrare una tesi: la natura contraddittoria dell'essere umano, il precario equilibrio del suo dirsi. Tutto ciò ha una sua coerenza, ma manca di quella incisività del dire e dell'essere in scena che Michele Riondino, Maria Grazia Mandruzzato, Stefano scandaletti, Michele Maccagno, Silvia Costa, Margherita Mannino, Eleonora Panizzo, Pietro Quadrino, Riccardo Gamba, Raquel Gualtero, Beatrice Fedi e Andrea Fagarazzi faticano a realizzare. Il Giulio Cesare di Rigola manca del ritmo e della necessaria intensità attoriale e gestuale di cui avrebbe bisogno per rendere veramente scottati quelle parole sostenute da immagini colorate, nitide, ma un po' troppo da rivista patinata. E allora suona come monito di cui tener conto la citazione di Jouvet regalata da Toni Servillo alla platea del Romano in occasione della consegna del Premio Renato Simoni che si rifà all'ambiguità della parola, al mistero del teatro che non dice a chiare lettere, ma preferisce suggerire, alludere, in cerca dell'indicibile del nostro vivere.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Mercoledì, 13 Luglio 2016 13:04

About Us

Abbiamo sempre scritto di teatro: sulla carta, dal 1946, sul web, dal 1997, con l'unico scopo di fare e dare cultura. Leggi la nostra storia

Get in touch

  • SIPARIO via Garigliano 8, 20159 Milano MI, Italy
  • +39 02 31055088

Questo sito utilizza cookie propri e si riserva di utilizzare anche cookie di terze parti per garantire la funzionalità del sito e per tenere conto delle scelte di navigazione. Per maggiori dettagli e sapere come negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie è possibile consultare la cookie policy. Accedendo a un qualunque elemento sottostante questo banner si acconsente all'uso dei cookie.

Per saperne di più clicca qui.