Con: Annalisa Arione, Daniela Lusso, Daniele Marcori, Daniele Mazzacurati,
Gianluca Budini, Mariadele Attanasio, Michela Baccolini, Tiziano Storti
Regia: Matthieu Loos
L'Associazione Nazionale Improteatro e Coffee Brecht
Napoli, Teatro Nuovo 15 settembre 2016
Un grandissimo drammaturgo, un regista attento e moderno (nel senso più coraggioso dell'espressione), un gruppo di otto attori in scena che non appartengono alla stessa compagnia ma provengono da diverse parti d'Italia. Per tutti loro il terreno comune è l'improvvisazione, obiettivo, anima e ragion d'essere dell'Improteatro Festival – Azione Improvvisa. La rassegna, giunta alla quarta edizione (dal 13 al 18 settembre 2016), è ospitata dal Teatro Nuovo di Napoli e dedicata nella quasi totalità all'Inedito. Un tema declinato ad ogni appuntamento in un genere e autore diverso: per esempio, la commedia dell'arte e il noir.
Gli organizzatori della kermesse (ovvero il network nazionale Improteatro, l'associazione napoletana dedicata all'improvvisazione Coffee Brecht, il Teatro Nuovo e la compagnia di improvvisatori QFC Teatro) hanno scelto di cimentarsi in una delle serate in palinsesto con un drammaturgo rumeno ma naturalizzato francese: Eugène Ionesco. Uno che, per intenderci, raccontava della sua drammaturgia: «Non ho nessuna idea prima di scrivere un testo, ho qualche idea quando è stato scritto o mentre non sto scrivendo. Penso che la creazione artistica sia spontanea». Il suo spirito, dunque, risulta perfettamente in tema con l'Improteatro Festival.
Ionesco descrive nelle sue piece l'Europa del secondo dopoguerra, teatro di passioni ed emotività certamente condizionate e vittime del terrore di una violenza troppo recente per essere dimenticata o messa da parte. Il mondo che conosciamo e che ci appartiene è in piena crisi e prima di ricostruire, scavando sotto le macerie, deve ritrovare la propria identità: reagire allo smarrimento che deriva dal non sapere più chi o cosa essere. Ecco la solitudine senza rimedio; l'alienazione e le fobie dell'uomo contemporaneo, ossessionato dall'idea di una fine incombente. L'incapacità di comunicare, di abbattere il muro costruito intorno a sé, che da protezione diventa gabbia e da difensore si trasforma in spietato carceriere. Proprio di questa incomunicabilità si occupa Ionesco, su cui il regista Matthieu Loos (che è anche formatore specializzato in tecniche di improvvisazione) lavora rispettosamente, ma affidandosi all'abilità propria e degli attori in palcoscenico di trarre un inedito sorprendente.
Come è nello stile di Ionesco, si parte da visioni oniriche: i protagonisti interrogano direttamente il pubblico in sala, chiedendo di condividere un sogno rimasto vivo nella memoria. È dal racconto di queste proiezioni raccolte a caso che si costruisce poco a poco la scena. I componenti della famiglia Rouge – padre, madre, figlio, figlia e domestica – interagiscono e si relazionano tra loro secondo schemi e dialoghi tipici del teatro dell'assurdo: freddure, battute caustiche e quasi nevrotiche, che suscitano ilarità ma nascondono riflessioni amare; attraverso frecciatine velenose e risposte tossiche, gli anti-eroi si cercano e poi si respingono. Sempre più lontani e sordi l'uno all'altro. La didascalia, impersonata da un'attrice in carne ed ossa, cadenza i ritmi della rappresentazione, ricordando (tra l'altro) che uno dei protagonisti è destinato a morire di solitudine: sì, è scritto che il figlio dei Rouge - sebbene giovane, energico e di buon umore -, debba perire sentendosi abbandonato.
Il ragazzo non se ne fa una ragione, ma tutti intorno a lui sembrano essere convinti che la sua fine sia necessaria. Tra dialoghi paradossali, la famiglia decide di traslocare e poco alla volta seppellisce il figlio sotto una coltre di ingombranti scatoloni. Il giovane d'un tratto si ribella, riemerge in superficie, ma è troppo tardi: si accorge di non aver mai conosciuto il nome di sua sorella, né dei suoi genitori. In fondo, essi sono veramente la sua famiglia? Sono mai esistiti?
Improteatro Festival rinnova anche quest'anno il suo impegno: portare a Napoli la cultura dell'improvvisazione e sensibilizzare il pubblico a tecniche recitative già ampiamente apprezzate altrove in Italia e all'estero. Attraverso il coinvolgimento di professionalità altamente specializzate, che si mettono a confronto accomunate dalla voglia di sperimentare. Oltre che dalla scelta del teatro come mezzo di comunicazione.
Giovanni Luca Montanino