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IN NOME DEL PADRE - uno spettacolo di e con Mario Perrotta

"In nome del padre", uno spettacolo di e con Mario Perrotta "In nome del padre", uno spettacolo di e con Mario Perrotta

uno spettacolo di e con Mario Perrotta,
consulenza alla drammaturgia di Massimo Recalcati,
collaborazione alla regia Paola Roscioli,

costumi Sabrina Beretta,
musiche di Giuseppe Bonomo e Mario Perrotta,
produzione Teatro Stabile di Bolzano,
al teatro di Ragazzola, 2 febbraio 2019

www.Sipario.it, 17 febbraio 2019

Tre sagome scultoree: il Discobolo, Il pensatore di Rodin, la Morte di Galatea, tre figure di padri dei nostri giorni, padri disorientati, padri che cercano l'amicizia dei figli, padri evaporati, direbbe Jacques Lacan e insieme a lui Massimo Recalcati. In scena Mario Perrotta, papà da cinque anni. In nome del padre nasce dalla biografia dell'attore, dall'incontro con lo psicanalista più in voga del momento, dalla voglia di raccontare il duro compito di essere papà. Da tutto ciò fuoriesce l'ultima fatica narrativo/teatrale di Mario Perrotta che dopo essersi interrogato sul suo essere figlio nell'Odissea, oggi si interroga sul suo ruolo di padre, mostrando la liquidità di un ruolo che vive di domande e non più di certezze, che avverte la necessità di ridefinirsi, in delicato equilibrio tra ciò che si è, che si vorrebbe essere e gli errori compiuti dai propri padri che non si vorrebbero fare.
Può, allora, accadere che un operaio decida di andare dallo psicanalista, non sapendo bene il perché, per un suggerimento e per un'urgenza: trovare il modo di parlare con quel figlio che studia, che sta rinchiuso nella sua stanza, quell'estraneo che non gli appartiene, eppure sente profondamente suo. Può capitare che l'ego narcisistico di un padre giornalista faccia dell'isolamento dal mondo del proprio figlio hikikomori il tema della sua rubrica, ma poi pianga davanti a quella porta chiusa e si cerchi delle spiegazioni più che per capire, per rassicurare se stesso, anche mostrandosi disponibile ad accettare l'omosessualità del figlio. Da padre moderno e comprensivo... Può allora succedere che per la sua bambina il papà faccia tutto, anche vestire i panni di amico e confidente, andare con lei in discoteca, per controllarla e forse perché qualche pulsione verso quelle amiche ogni tanto emerge, spinge, inquieta.
In nome del padre propone tre storie intrecciate, ma in tutte e tre le confessioni paterne è sottesa una tensione, un non detto – per lo più legato alla sfera sessuale e degli impulsi – che rende sospese quelle figure di padri, li rende fragili, forse loro stessi un po' più figli che padri, insicuri, bisognosi di risposte. I tre personaggi danno l'impressione – a tratti – di appoggiarsi ai figli, di cercarne la complicità per la loro sicurezza, messi con le spalle al muro dal fatto che l'imperturbabilità e l'autorità dell'antica figura del padre oggi non solo non siano più frequentabili, ma siano il lascito nostalgico di un linguaggio non più parlabile. Un padre uno e trino è quello che propone Mario Perrotta con il suo monologo, un entrare nell'uno per poi uscirvi e assumere i toni dell'altro, un cambiare di 'personaggio' che alla fine fa sì che i grandi interrogativi dell'educare, dell'essere genitore e del vestire il ruolo paterno emergano con prepotenza in tutta la loro drammaticità, necessità e urgenza nella consapevolezza che gli antichi codici, gli antichi modelli non sono più frequentabili, non servono più a muoversi nel mondo e soprattutto a intessere relazioni col proprio figlio o la propria figlia.
In nome del padre non dà ricette magiche, neppure indica strade risolutive, offre tre spaccati di vita reale raccontata dai pazienti di Massimo Recalcati che dicono di una fatica di essere padre, ma anche della possibilità di esserlo compiutamente nella relazione e nell'ascolto.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Domenica, 17 Febbraio 2019 22:08

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