di Mario Perrotta
consulenza alla drammaturgia Massimo Recalcati
con Luigi Bignone, Dalila Cozzolino, Matteo Ippolito, Mario Perrotta
e – in video – Arturo Cirillo, Alessandro Mor Marta Pizzigallo, Paola Roscioli, Maria Grazia Solano
e – in audio – Saverio La Ruina, Marica Nicolai, Paola Roscioli, Maria Grazia Solano
aiuto regia Marica Nicolai, costumi Sabrina Beretta
luci e scene Mario Perrotta
video Diane | Luca Telleschi | Ilaria Scarpa
mashup Vanni Crociani, Mario Perrotta
produzione Teatro Stabile di Bolzano, Fondazione Sipario Toscana Onlus, La Piccionaia Centro di Produzione Teatrale, Permàr
in collaborazione e con il contributo di Comune di Grosseto, Teatro Cristallo Olinda residenza artistica, La Baracca – Medicinateatro, Duel
all’Arena del Sole, Roccabianca (Parma), 14 gennaio 2023
Dei figli di Mario Perrotta chiude la trilogia, In nome del padre, della madre e dei figli. Dei figli offre la possibilità di una doppia riflessione: una legata al contenuto, al racconto e l’altra alla forma, la modalità di narrazione. Ciò che va in scena è la condanna ad essere figli per sempre di una generazione che non può o non vuole trovare una propria autonomia rispetto al nido familiare. Con l’imprimatur di Massimo Recalcati, Dei figli – così come gli altri due tasselli della trilogia familiare – ci butta in faccia la realtà, senza edulcorarla, ma neppure tingendola di pathos, anzi usando l’arma dell’ironia e della ‘comicità’ che quando sa essere efficace prende anche la pancia perché è l’unica via di uscita per dare sfogo a una inconfessabile disperazione. In scena sono quattro giovani mai cresciuti. c’è Gaetano (Mario Perrotta) omosessuale che troverà, forse, la forza di dirsi solo quando muore il padre: attorno a Gaetano ruotano le altre tre storie: Ippolito (Matteo Ippolito) sceneggiatore in attesa perenne del primo film, Melampo (Luigi Bignone) lo studente perenne che vuole cambiare il mondo, salvare il Polo Nord e dice di partire, ma non lo fa, c’è Aurora (Dalila Cozzolino) praticante avvocata che è in cerca di una sua realizzazione professionale e amorosa.
Tutti rigorosamente in «vestaglia», agli arresti domiciliari della vita, dialogano in interminabili videochiamate con i genitori, un dialogo alla distanza esilarante e tristissimo al tempo stesso che somma debolezza a debolezza, comodità a pigrizie emotive sia da parte dei figli che dei genitori. Perrotta non dà giudizi, né fa la morale, ma presenta, espone tutto con disperante oggettività. E allora Paola Roscioli e Alessandro Mor sono i genitori di Ippolito, uscito di casa ma che dipende in tutto e per tutto da mamma e papà; Arturo Cirillo e Maria Grazia Solano sono i genitori di Melampo, lui succube della moglie, entrambi innamorati del figlio da incoraggiarlo ad andare ma al tempo stesso senza mai veramente dargli il la. Marta Pizzigallo è la sorella minore di Aurora, portavoce di una madre assente. Gaetano di Perrotta usa lo schermo per fare incontri sexi e sfoggiando una virilità fasulla consolando donne in crisi. Ma è la voce di un uomo – Saverio La Ruina – a ricordargli di un padre lontano che non ha mai accettato l’omosessualità del figlio. Perrotta costruisce una drammaturgia polifonica che dietro un’apparente oggettività brucia di dolore e di angoscia e lascia tutto e tutti un po’ impietriti. Al racconto si affianca – potente – la forma che vede gli attori in scena dialogare in presa diretta con i genitori in video: ciò che accade è che la parola e la gestualità di chi è sul palco assumono una sorta di secchezza e di ritmo che non concede sbavature perché non può che sottostare alla tirannia del girato. Ne fuoriesce un cortocircuito estetico: l’apparente realismo del racconto si scontra e si confronta con la secchezza di un dire straniato, eterodiretto. Ciò crea quel senso di empatica distanza che lascia spiazzati gli spettatori e li manda a casa con un senso di impotenza che fa riflettere.
Nicola Arrigoni