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IDENTITÀ - di e con Marco Baliani

"Identità", di e con Marco Baliani "Identità", di e con Marco Baliani

di e con Marco Baliani
di e con Marco Baliani e Maria Maglietta
aiuto regia Barbara Roganti
disegno luci Emiliano Curà
fonica e luci Dario Alberici
consulenza musicale Mirto Baliani
consulenza scientifica Enrico Febbo
produzione Casa degli Alfieri
Teatro Comunale, Bucine, 11 dicembre 2015

www.Sipario.it, 12 dicembre 2015

Fin da bambini ci viene ripetuto di essere noi stessi, ma chi è che stabilisce chi siamo realmente? In base a cosa viene definito il nostro "io" interiore? Forse non è vero che abbiamo un'unica identità che risiede dentro di noi come un nocciolo duro. Ciò non significa che siamo ipocriti o abbiamo più personalità, ma che nel tempo siamo portatori di diverse identità. Attorno a questa tematica gira lo spettacolo di Marco Baliani che, accompagnato in scena da Maria Maglietta, racconta vicende in cui l'identità perde di valore, assume un altro aspetto o viene completamente negata.
Secco è un tossico, tutto il vicinato lo conosce, sa che vita trascorre e che in fondo non fa male a nessuno se non a se stesso. Una notte fa l'errore di portare fuori il cane a un orario insolito, tardi ma non troppo per non incappare nella pattuglia della Polizia. Quattro fari lo accecano e la voce di un poliziotto lo immobilizza: "chi sei tu?". In questa circostanza il suo nome e cognome non hanno significato, la sua carta d'identità è inutile. "Chi sei tu?" continua a urlargli addosso il poliziotto, in attesa di sentirsi rispondere "un tossico di merda", niente di più. Da qui parte il racconto di Baliani, da questa vicenda di abuso di potere, di violenza, in cui un uomo viene giudicato soltanto per come lo vede la società.
Da qui si susseguono tutta una serie di storie: da quella di una donna che viene picchiata e poi uccisa dal marito nel silenzio di tutta la famiglia a quella di un bambino ebreo che è costretto a cambiare i propri dati anagrafici per riuscire a fuggire dai tedeschi. La vita intima si intreccia alla Storia, come quando viene presentato il problema dell'immigrazione, di uomini e donne scuri di pelle, maleodoranti, senza identità, pochi di loro dediti al lavoro, che arrivano in un paese straniero e vengono faticosamente accettati. Un racconto che senza malizia ci fa pensare all'oggi e che banalmente, non appena ci rendiamo conto che si sta facendo riferimento a documenti storici sugli italiani emigrati in America, ci fa capire quanto siamo pieni di pregiudizi.
A fare da filo conduttore è la vicenda autobiografica di un uomo che va a denunciare lo smarrimento della propria carta d'identità e, nel raccontare la formazione della sua "instabile identità", ripercorre brevemente il suo albero genealogico: piemontese di nascita ma anche un po' tedesco, romano d'adozione e con ascendenti siciliani. Un percorso di cambio di natura continuo attraverso gli anni di un'Italia postbellica che la guerra l'ha vista al di là del mare e l'ha vissuta tra le strade.
In questo sviluppo di un'idea molto interessante risiede, però, una pecca. Scritti molto bene i pezzi di Baliani, tanto più personali e dettagliati quanto più universali; generici e molto meno d'impatto quelli interpretati da Maria Maglietta, la cui voce densa di retorica ci culla come una ninna nanna. Ma soprattutto è il finale da teatro per bambini a non convincerci. Nella favola del rospo che aspetta il bacio del vero amore per trasformarsi in principe è chiaro il riferimento al mutare della propria identità, ma l'effetto che emerge è una scenetta da Albero azzurro che neanche viene portata fino in fondo nel suo essere grottesca.

Sara Bonci

Ultima modifica il Sabato, 12 Dicembre 2015 23:12

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