di Olga Grjasnowa
Titolo originale: Die juristische Unschärfe einer Ehe
Regia e adattamento teatrale: Nurkan Erpulat
Con: Mehmet Ateşçi, Mareike Beykirch, Lea Draeger, Taner Şahintürk
Scena: Kathrin Frosch
Costumi: Pieter Bax
Musica: Valentin von Lindenau/kling klang klong
Video: Sebastian Pircher
Coreografia: Nir de Volff/TOTAL BRUTAL
Luci: Hans Fründt
Drammaturgia: Daniel Richter
Berlino, Teatro Maxim Gorki, dal 24 ottobre 2015
Quattro personaggi, due uomini e due donne – in top, tutù, calze a rete e scarpe da ginnastica bianchi – si muovono concitatamente sulla scena. Saltano, vanno a sbattere contro una parete, ma non desistono, prendono la rincorsa e tornano all'attacco finché la parete inizia a inclinarsi e i quattro riescono a salirci sopra, sudati ed esausti per lo sforzo. Con questa scena si apre L'imprecisione giuridica di un matrimonio (titolo originale Die juristische Unschärfe einer Ehe), spettacolo tratto dal secondo romanzo dell'autrice Olga Grjasnowa, la cui prima opera I russi amano le betulle è stata adattata per il Teatro Gorki di Berlino nella stagione 2013/2014. È subito chiaro che si tratterà di una messa in scena estremamente dinamica: balli sfrenati in discoteca, prove di resistenza fisica, scene erotiche. Protagonisti dello spettacolo sono Leyla (Lea Draeger) e Altay (Taner Şahintürk), coppia sposata ma solo per il volere delle rispettive famiglie tradizionaliste. Leyla è infatti lesbica e Altay gay. Nonostante questo i due si amano, sottraendosi così a qualsiasi classificazione comunemente accettata. È proprio questo il tema centrale del secondo romanzo della Grjasnowa e del nuovo spettacolo adattato e diretto da Nurkan Erpulat: l'approssimazione delle categorie sociali che ci vengono continuamente imposte, si tratti di provenienza, di cultura o di orientamento sessuale.
Leyla e Altay si incontrano nella postsovietica e omofoba Mosca. Entrambi vengono da Baku (Azerbaidjan). Lei è ballerina di danza classica ad alti livelli, lui medico psichiatra. I due si uniscono in matrimonio per proteggersi. Un incidente interrompe la carriera di Leyla e spinge i due a partire per Berlino. Qui si illudono di poter vivere la propria identità e il proprio matrimonio in modo libero, ma l'Occidente, malgrado in apparenza più tollerante e liberale, sembra non rappresentare una garanzia di felicità. Leyla conosce Jonoun (Mareike Beykirch), una ragazza americana senza un soldo, arrivata da poco a Berlino. Quest'ultima non ha mai avuto una relazione con una donna. Ben presto le due si innamorano e Jonoun si trasferisce nell'appartamento di Leyla e Altay. Il triangolo amoroso rompe l'equilibrio e spinge i coniugi a tornare in patria, questa volta separati, a cercare la propria felicità autonomamente. Mehmet Ateşçi interpreta egregiamente diversi ruoli marginali: quello della madre di Leyla che vuole a tutti costi che la figlia faccia carriera al Teatro Bol'šoj di Mosca, quello di un transessuale che Leyla e Altay incontrano a Berlino e infine quello di Farid, figlio omosessuale di un politico di Baku con cui Altay ha una relazione.
Nurkan Erpulat scompone il romanzo della Grjasnowa per adattarlo alla scena. Nondimeno il testo originale è molto presente nei monologhi degli attori, che spesso assumono la voce di un narratore esterno. La scenografia è ricca e dinamica quanto la coreografia, come di rado si vede sul palcoscenico del Gorki. La già citata parete della prima scena, simbolo della disciplina postsovietica e delle norme sociali con cui i personaggi devono confrontarsi in patria, si abbassa al cambio di scena aprendo un ampio spazio sul cui sfondo campeggia a caratteri cubitali la scritta "joy". È lo spazio della città di Berlino, luogo di (illusoria) felicità. Qui un'imponente impalcatura metallica crea l'ambientazione per sfrenate scene in discoteca. La fisicità della rappresentazione convive con scene in cui la stasi predomina, per esempio quando Leyla mangia in silenzio una torta intera per soffocare la disperazione oppure quando gli altri tre personaggi, a ricordare la disciplina postsovietica, si scolano una bottiglia d'acqua dopo l'altra fin quasi a scoppiare.
La riflessione più interessante che L'imprecisione giuridica di un matrimonio stimola nel pubblico emerge quasi alla fine, quando Altay e Farid discutono su dove sia possibile vivere la propria individualità liberamente, senza costrizioni o convenzioni. Mentre Altay ricopre la parte dell'emigrante convinto, Farid gli fa notare quanto l'Occidente stesso necessiti di un dibattito sull'omosessualità per legittimare la propria superiorità morale. Alla domanda di Farid "ma sei davvero più felice a Berlino?", Altay non sa rispondere. Ad appesantire la messa in scena è purtroppo il tono a volte didascalico che sembra voler sfoggiare concetti scientifici di fronte allo spettatore. La tematica resta comunque di grande attualità e rilievo. Gli attori non si risparmiano, dando vita a un'interpretazione superba.
Gloria Reményi