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INTRECCIATI - regia Babett Grube

"Intrecciati", regia Babett Grube "Intrecciati", regia Babett Grube

di Marianna Salzmann
regia Babett Grube
Con: Mehmet Ateşçi, İlknur Bahadır, Anastasia Gubareva, Tim Porath, Taner Şahintürk, Dimitrij Schaad, Mehmet Yılmaz
Scena: Lea Dietrich
Costumi: Daniela Selig
Musica: Clemens Mädge
Drammaturgia: Aljoscha Begrich
Berlino, Teatro Maxim Gorki, dal 4 febbraio 2015

www.Sipario.it, 10 febbraio 2015

Con Intrecciati il Teatro Maxim Gorki porta in scena ancora una volta una storia di migrazione. Siamo a Berlino, poco prima di Natale. Ed essendo il Natale la ricorrenza famigliare per antonomasia, ecco che i riflettori si concentrano sulle vicende di una famiglia ebrea russa che ciò nonostante tutto sembra rappresentare meno che l'ideale di focolare famigliare celebrato nel giorno di Natale: tre generazioni convivono nella collisione costante, le vite dei membri della famiglia sono per necessità "intrecciate" le une con le altre, sebbene scatenino allo stesso tempo una forza altamente disgregatrice. Il titolo dello spettacolo, la cui traduzione letterale significa Noi trecce, allude proprio all'intreccio estremamente problematico tra le biografie dei personaggi: Wera, medico, madre, "la donna più bella del mondo senza saperlo"; Nadeshda, figlia di Wera e madre di una bimba mai nata; e Konstantin, eroe dell'Armata Rossa, padre di Wera e nonno di Nadeshda. Le vicende della famiglia si intrecciano a loro volta con quelle di altri quattro personaggi: Ljubov, figlia mai nata di Nadeshda, che vive nei pensieri e nei sensi di colpa della madre; Imran, venditore di fiori curdo che, vittima di un'aggressione da parte di un gruppo neo-nazista, finisce nell'ospedale dove lavora Wera e se ne innamora; John, americano del Kentucky, padre della figlia mai nata di Nadeshda e amante di Wera, che vende cianfrusaglie sovietiche in un negozio di seconda mano; e infine l'angelo Chris che si aggira tra i letti d'ospedale occupandosi dei malati.

Sul palcoscenico campeggia un'enorme lepre, di cui tuttavia sono visibili soltanto il ventre e una zampa. L'animale sembra essere talmente grande da non entrare interamente nella cornice scenica. La scelta della regista pare essere da un canto funzionale, in quanto dal e nel corpo dell'animale emergono e scompaiono i personaggi, dall'altro forse un po' ardita poiché inspiegabile.

Marianna Salzmann scrive una "commedia natalizia" che la regista Babett Grube correda di note amare, ciniche e stridenti. La comicità è tagliente, cruda, talvolta inclemente. Emblema dello spirito provocatorio che pervade l'opera è la scena in cui Ljubov, interpretata da Dimitrij Schaad in leggings, racconta al pubblico per una manciata di minuti, una dopo l'altra, le peggiori barzellette a sfondo razzista, sessista o in ogni caso discriminatorio: se le prime riescono a sortire qualche risata tra gli spettatori, l'atmosfera diventa man mano sempre più tesa e finisce per produrre un effetto disturbante. Lo stridore viene di nuovo "accordato" dalle esilaranti uscite del veterano Konstantin interpretato da Tim Porath, che si aggira perennemente con un fucile sotto il braccio ricordando i gloriosi tempi andati.

La scena finale vede tutti i personaggi riuniti a casa di Wera per i festeggiamenti della vigilia di Natale. L'allegria forzata della riunione mette in luce la solitudine dei personaggi e la loro condizione di diversità. Eloquente è il rischio di soffocamento che i convitati corrono mangiando panpepato e gnocchi di patate, tipiche pietanze natalizie tedesche, a dimostrazione della loro estraneità rispetto al Paese e alla società in cui vivono. Diversità e solitudine quali denominatori comuni tra i personaggi non si rivelano essere un efficace agente catalizzatore per il gruppo, bensì piuttosto un destino disgregatore.

Gloria Reményi

Ultima modifica il Martedì, 10 Febbraio 2015 10:12

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