Drammaturgia di Chiara Pasetti
regia di Angelo Donato Colombo
interprete Silvia Lorenzo
voci registrate di Massimo Popolizio e Anna Bonaiuto
Milano, Teatro Filodrammatici 13 e 14 Febbraio 2015
Camille Claudel è una figura tragica. Nata in un ambiente di buona borghesia, sorella di una colonna della cultura francese, spirito ribelle e con una forte vocazione artistica, discepola, collaboratrice e amante del grande scultore Rodin, non regge la fine tempestosa del loro rapporto. Tormentata da gravi problemi psichici viene internata dalla famiglia in un manicomio dove passerà trent'anni e morirà ottantenne in piena seconda guerra mondiale, dimenticata da tutti.
Riscoperta dopo un lungo oblio, Camille è diventata una figura mitica in cui confluiscono e si sovrappongono due destini emblematici, genio e follia da un lato, tirannide maschilista dall'altro. Il genio Rodin si appropria di idee e opere della sua amante (accusa infamante ma nello scambio di idee e nella collaborazione creativa l'attribuzione dei meriti può a volte difficilmente evitare un margine d'ambiguità), la famiglia d'origine preferisce sbarazzarsi d'una squilibrata che è motivo di vergogna. Una situazione senza via di scampo.
Chiara Pasetti, esperta di letteratura francese, ha impostato lo spettacolo come un collage di situazioni emblematiche utilizzando liberamente la corrispndenza della protagonista. In primo piano il rapporto passionale con Rodin, duraturo anche quando si trasforma in amore odio. In forte rilievo anche il contrasto con la famiglia, soprattutto con la madre; la polemica contro la società maschilista che non sopporta una donna geniale e libera; lo squallore infine del manicomio evocato da una scena spoglia (che nelle intenzioni della regia evoca l'atelier della scultrice), una rozza seggiola e un catino pieno d'acqua. Il tutto molto efficace anche se non avrebbe guastato, per chi conosce poco l'argomento, intervallare i vari episodi con sobri interventi di commento alle tematiche affrontate.
Silvia Lorenzo valorizza il testo con una interpretazione di grande efficacia alternando rabbia, disperazione, rassegnazione, a volte forse con qualche manierismo nei passaggi tra sussurri e grida.
Utilizzato con grande forza espressiva il linguaggio del corpo, in particolare bella la scena in cui Camille evoca con gioia sensuale l'intenso piacere della creazione artistica modellando con le mani l'argilla. È l'unico momento luminoso- la luce dell'arte che rende liberi e vince le tenebre- in uno spettacolo dai toni molto cupi, la triste storia di un'esistenza ingiustamente sconfitta.
Vittorio Tivoli