ANDREA PENNACCHI
ARLECCHINO?
scritto e diretto da Marco Baliani
con Marco Artusi, Maria Celeste Carobene, Miguel Gobbo Diaz, Margherita Mannino, Valerio Mazzucato, Anna Tringali
musiche eseguite dal vivo da Giorgio Gobbo, Riccardo Nicolin
scene e costumi Carlo Sala
luci Luca Barbati
aiuto regista Maria Celeste Carobene
Produzione Gli Ipocriti Melina Balsamo in coproduzione con TSV– teatro nazionale
Roma – Teatro Ambra Jovinelli 21 febbraio-3 marzo 2024
Non ricordo più chi mi abbia raccontato questo episodio, né se le cose siano effettivamente andate così. Ma calza a pennello per lo spettacolo Arlecchino? in scena all’Ambra Jovinelli. L’episodio riguarda la messinscena di un’opera di Pirandello da parte dei De Filippo. Alla prova generale ecco venire il Maestro, il grande scrittore-drammaturgo, per vedere cosa avevano combinato questi tre attori rivoluzionarii per la storia del teatro. Si alza il sipario. Tutto va avanti sotto gli occhi di Pirandello, il quale osserva con attenzione senza perdersi nemmeno un particolare. Così sino alla fine. Quando la prova finisce, una assistente dello scrittore esclama: “Maestro, ma questo non ha niente a che vedere con quello che lei ha scritto”. Pirandello: “Lo so. Ma così è più bello”. Marco Baliani, firmando regia e drammaturgia del suo Arlecchino? ha precisamente fatto la stessa cosa. Ha scelto, cioè, di non voler subire la grandezza quasi inviolabile di Carlo Goldoni. Ma partendo da lui, dal suo Servitore di due padroni, senza considerare il capolavoro realizzato da Strehler, per altro ancora in scena dopo decenni di repliche sempre raccogliendo consensi, ha cercato di trasformarlo in qualcosa d’altro. In parte ci è riuscito e in parte, ovviamente, no. Ma questo non è un punto di svantaggio, ma a favore. Perché vuol dire che, pur profanandolo come giusto, del grande classico si è avuto rispetto. Cosa non da poco. Cominciando da Arlecchino: l’immaginario collettivo, al di là del costume variopinto, lo immagina esile e agile. Ecco, invece, Andrea Pennacchi nei panni della celebre maschera: con la sua pinguedine, la sua loquela dai toni caldi e non vagamenti striduli e acuti, la sua goffaggine che non impedisce una certa agilità. Pennacchi non si muove come Arlecchino richiede, ma accenna, abbozza queste movenze, e tanto basta. Ecco il teatro: pochi dettagli in grado di richiamare e ricreare un personaggio nella sua originalità senza ricopiarlo in modo asfittico. Bravissimo, in tal senso, Pennacchi, che si è cucito addosso un Arlecchino meraviglioso, trattandolo come un personaggio più che una maschera, ma senza privarlo della sua essenza originaria. Una chiave interpretativa sublime. L’impianto drammaturgico: una compagnia di attori sottopagati, capeggiati da un capocomico male in arnese, incapace di ottenere i giusti finanziamenti per realizzare uno spettacolo come si deve, ha dato alla commedia goldoniana un valore metaforico attualissimo sulla situazione dello spettacolo in Italia, con giuste sferzate al sistema mai fuori luogo riguardanti le condizioni lavorative subite dagli attori di teatro al giorno d’oggi. Tra gli interpreti ha colpito Miguel Gobbo Diaz: altamente teatrale, espressivo nella mimica corporea e del viso. La sua è stata una recitazione chiara per la dizione e precisa nei tempi comici. L’Arlecchino? di Baliani, oltre a divertire, ha svelato un Goldoni a cui non avevamo pensato prima. Proprio come i Fratelli De Filippo fecero con Pirandello. Pierluigi Pietricola