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MASQUERADE - regia Rimas Tuminas

"Masquerade", regia Rimas Tuminas "Masquerade", regia Rimas Tuminas

Regia Rimas Tuminas
con Evgeny Knyazev, Mariia Volkova, Leonid Bichevin, Lidia Velezhova,
Yury Shlykov, Alexander Pavlov, Aleksandr Ryshchenkov, Andrey Zaretskiy,
Mikhail Vaskov, Oleg Lopukhov, Maria Berdinskikh, Ekaterina Simonova,
Aleksandra Streltsina, Maria Shastina, Irina Dymchenko,
Olga Nemogay, Vladimir Beldiyan, Yury Kraskov, Evgenii Piliugin, Evgeny Kosyrev

Scenografia Adomas Jacovskis
Costumi Maxim Obrezkov
Luci Maya Shavdatuashvilli
Musica Faustas Latenas The Waltz di Aram Khachaturyan
Produzione Teatro Vakhtangov di Mosca

Napoli, Teatro Mercadante 27-28 gennaio 2018

www.Sipario.it, 30 gennaio 2018

Inganni, passione e vizio animano "Masquerade"

La storia è sempre la stessa: puoi essere disinibito, senza scrupoli, abile e intelligente ma se il dardo di Cupido ti colpisce diventi irrazionale ed il cinismo che sino a quel momento ti ha caratterizzato vola via lasciandoti come un comune mortale nel baratro dell'insicurezza e delle pene d'amore. Questo è capitato anche a Eugène Arbénin il protagonista di Masquerade un dramma russo andato in scena al Teatro Stabile di Napoli in lingua originale con sovra titoli in italiano. Una rappresentazione entusiasmante, al di là della storia che tra poco analizzeremo nel particolare, con un assetto teatrale che il famoso ed apprezzato regista Lituano Rimas Tuminas ha allestito con cura conferendo spessore all'opera. La scena è semplice, immobile ma crea un gioco di tropi che la fa sembrare sempre diversa, ad aleggiare la neve che cade inesorabile accompagnando l'esito delle vicende che si consumano sulla scena.
I personaggi si muovono talune volte da soli, altre in gruppo con movimenti e ritmi all'unisono; cantano, ballano, mimano e creano un'atmosfera che rapisce chi l'osserva dando l'idea di un quadro, un tableau vivant che offre spunti di riflessione e piacere di ammirare.
I simbolismi sono tanti come il rotolo di neve che cresce sempre più, l'uomo morto che ogni tanto ricompare, la povertà che attanaglia alcuni personaggi una volta ricchi e potenti ma resi miserabili dal demone del gioco che si aggira nella storia. Il tema del gioco è stato più volte oggetto della letteratura russa, come ne "Il giocatore" di Dostoevskyj che narra e analizza le mille sfumature psicologiche e sociali della patologia del gioco d'azzardo. Questa storia è tratta invece dal dramma in giambo libero "Un ballo in maschera" scritto da Michail Jur'evič Lermontov nel 1835, il regista segue in modo fedele la trama aggiungendo virtuosismi teatrali. A fare da cornice al reticolo di emozioni la vita mondana di San Pietroburgo ed in particolare il ballo in maschera organizzato in occasione del carnevale durante il quale, a causa della trappola ordita, le sorti di alcuni personaggi cambieranno per sempre.
Il paragone tra Arbenin e Otello di Shakespeare viene quasi spontaneo: la gelosia è lo strumento che genera le sorti e l'inganno il mezzo. Solo che al posto del prezioso fazzoletto fatto pervenire nelle mani di Cassio con uno stratagemma nella storia russa è il pregiato braccialetto smarrito da Nina, la giovane e bella moglie di Eugène, che dà vita a intrighi, pressioni e malelingue. Diverso però è l'intreccio e le motivazioni che lo originano: nell'Otello è l'avidità di potere di Iago in Masquerade l'amore segreto della baronessa Štral per il principe Zvezdič, poi strumentalizzato dai detrattori di Arbenin, che per non essere scoperta da questi gli cede il monile che aveva ritrovato a terra per caso proprio durante il ballo in maschera al fine di preservare la sua identità ben nascosta da una maschera. Due le vittime: Nina perché viene accusata e poi avvelenata dal marito per una colpa non vera ed il principe che se inizialmente viene salvato dalla rovina proprio da Arbenin successivamente verrà punito per vendetta dallo stesso con l'onta della vergogna perché accusato di essere un baro ed un vigliacco. Ma è anche lo stesso Eugène a rimanere vittima dei suoi sbagli e del suo cinismo che danno vita al grande equivoco, perché di Nina era realmente innamorato.
Le musiche di accompagnamento seguono il filo logico della narrazione e in un crescendo di tonalità scandiscono il turbamento dei protagonisti. Un'opera dunque da vedere ed apprezzare, unico rimpianto non conoscere la lingua originale e dunque dover fare ricorso alla traduzione distogliendo ogni tanto lo sguardo dal palcoscenico.

Simona Buonaura

Ultima modifica il Giovedì, 01 Febbraio 2018 20:49

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