Teatro Stabile del Veneto
presenta ANDREA JONASSON
Spettri di Henrik Ibsen
adattamento Fausto Paravidino
con GIANLUCA MEROLLI FABIO SARTOR GIANCARLO PREVIATI ELEONORA PANIZZO
scene e costumi Adomas Jacovskis
musica Faustas Latènas, Giedrius Puskunigis, Jean Sibelius, Georges Bizet
disegno luci Fiammetta Baldiserri
ripresa luci Oscar Frosio
regia RIMAS TUMINAS
Roma – Teatro Quirino Vittorio Gassman 13-18 Dicembre 2022
Spettri di Ibsen è la pièce che più si avvicina a un genere teatrale di tipo greco, dove è la catarsi a fare da padrona e non ci sono mezzi differenti che possono contribuire a salvare i protagonisti. Impossibile non fare i conti con sé stessi, con la parte umana che più si rifiuta perché più sincera, priva di mediazioni e maschere. In tal senso, Ibsen ha scritto un capolavoro di teatro della crudeltà ante litteram, intriso di severità e sobrietà, ma anche liberatorio in un certo senso: perché quando è la realtà a venire a galla, emergendo dall’intimo stesso dell’essere umano, è impossibile non vedere e percepire la luce oltre un’apparenza di fitta tenebra.
Al di là della trama di Spettri – che davvero è poco interessante rispetto al tema che essa mette in luce – quello che più conta è proprio la dinamica fra il vero e il falso. Chi sono, in definitiva, gli spettri per Ibsen? I fantasmi del passato con i quali nessuno di noi si è mai riappacificato veramente? Oppure i nostri lati irrisolti che, volutamente e meschinamente, teniamo da parte e ben celati per proibire di diventare compiutamente esseri umani consapevoli e non più bugiardi come un’educazione borghese ci ha abituati ad essere?
Per Rimas Tuminas, che firma la regia della pièce ibseniana in scena in questi giorni al Quirino, gli spettri sono certamente quelli che vivono dentro di noi e che fatichiamo, proprio per questo, a portare a galla.
Ma c’è una terza opzione: questi fantasmi sono le possibilità che sta a noi, soltanto a noi, decidere di rendere finalmente compiute e che, forse, possono non avere a che fare con gli aspetti irrisolti del nostro mondo interiore che fingiamo sempre di non vedere. Essi, dunque, finiscono per somigliare ad un destino intravisto che, piuttosto che lasciare appena accennato, si preferisce definirlo e colorarlo in modo nitido. Che sia quello giusto o sbagliato non importa.
Ecco, allora, che con questa chiave di lettura l’ipocrisia di Helene è riscattata. Così come è riscattata la decisione definitiva di Osvald: “Mamma: dammi il sole”. Perché un destino umano non può che compiersi. E dunque non vi è né ipocrisia, né crudeltà.
Una lettura di Spettri che la regia di Tuminas evidenzia, sebbene in modo non troppo palese. E, in tal senso, ecco spiegata la recitazione intensa, passionale, vissuta e altamente drammatica dell’eccezionale Gianluca Merolli. Il quale tratteggia un Osvald a metà via tra il coraggioso e il rassegnato: perché da un lato non vorrebbe arrivare a tanto – chiedere a sua madre di porre fine alla sua vita pur di non cedere alla follia ereditata dal padre –; ma, dall’altro lato, non può fare a meno di cavalcare questa scelta e la vive sino alla fine. Perché se non lo facesse, diventerebbe egli spettro di sé stesso. Una possibilità che Osvald non può concedersi.
Gli Spettri di Tuminas non hanno mostrato ritmo scenico. Tuttavia la recitazione raffinata e sapiente di Merolli hanno illuminato lo spettacolo di una luce altrimenti impossibile da vedere.
Pierluigi Pietricola