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MUTANDE (LE) - regia Luca Cortina

Elisa Cecilia Langone e Francesco Borchi in "Le mutande", regia Luca Cortina Elisa Cecilia Langone e Francesco Borchi in "Le mutande", regia Luca Cortina

di Carl Sternheim

traduzione Giorgio Zampa 

dramaturg Paolo Magelli 

regia Luca Cortina

scene e costumi Lorenzo Banci

luci Roberto Innocenti 
assistente alla regia Giulia Barni 

con Valentina Banci, Fabio Mascagni, Elisa Cecilia Langone,
Francesco Borchi, Fulvio Cauteruccio

produzione Teatro Metastasio Stabile della Toscana

PRIMA NAZIONALE
Prato, Fabbricone dal 15 al 20 settembre, 2015

www.Sipario.it, 17 settembre 2015

Europa di ieri, Europa di oggi, ne Le mutande di Sternheim

Al Teatro Fabbricone di Prato, Luigi Cortina riscuote gli applausi nell'allestimento di un autore poco frequentato dai teatri italiani. Una dolorosa riflessione sulla società, fra ironia e angoscia. Fino a domenica 20 settembre.

PRATO - Dopo l'allestimento di Luca Ronconi del 1968, torna a Prato la caustica commedia drammatica del tedesco Carl Sternheim (1878-1942), un testo senza tempo, amaramente ironico, che prende le mosse da un comico incidente al limite del grottesco: mentre assiste alla parata imperiale, la signora Luise Maske perde le proprie mutande, dando adito a una serie ininterrotta di pettegolezzi, e risvegliando la libidine maschile, sollecitata anche dai numerosi pettegolezzi che corrono sull'increscioso episodio. Episodio per cui il marito Teobald si preoccupa soltanto delle reazioni altrui, senza immaginare conseguenze personali più profonde, pronte a materializzarsi non appena due aspiranti inquilini si presentano per affittare una camera, mossi soltanto dal desiderio di fare del sesso con sua moglie.
Lo spettacolo scorre fra l'abitudinario ménage quotidiano fra i coniugi Maske, gli accesi confronti fra Teobald e i due inquilini, e l'ambiguo corteggiamento di questi verso Luise; si tratta di dialoghi, litigi, rari momenti di abbandono, scambi d'impressioni, amare confessioni, dalle quali emergono soltanto da un lato le radicate convinzioni di Teobald Maske, e quelle, ben più impetuose, del Signor Scarron, e dall'altro la solitudine di un uomo debole ma rassegnato al proprio destino - Mandelstam -, e quella, ben più commovente, di Luise, costantemente impegnata nella ricerca di un amore che possa riempirle tutta la vita, ma destinata a rimanere delusa. A tale proposito, è particolarmente suggestiva la scena a metà del secondo atto, nella quale la donna vaga sul palcoscenico semibuio, accompagnata da una struggente colonna sonora wagneriana, ripetutamente chiedendosi "Perché", e simbolicamente la vediamo poi nascondersi nel frigorifero della cucina.
Attraverso questa originale commedia drammatica, Sternheim anticipa le angosce di von Horvath, e traccia un impietoso ritratto di una Germania, e di un'Europa, ormai sull'orlo del baratro, trascinate dal "demone della modernità" che aleggia sul palcoscenico, e arde nella smania di Scarron per imprese che vadano oltre le sue poesie, riecheggiando quel sentire artistico di caratura "totale", sulla scorta dell'avventura sentimental-poetica, al limite del leggendario, del suo collega d'Oltralpe Arthur Rimbaud (1854-1891), e che troverà in Louis-Ferdinand Céline il più completo continuatore. Questa Europa intellettuale, però, paradossalmente alimenta anche le mire di una borghesia cui il progresso tecnologico ha fornito ulteriori opportunità di arricchimento, e l'adito di "andare oltre". Nel 1908, quando Sternheim scrive Le mutande, il clima politico europeo è particolarmente caldo, e un viscerale antisemitismo serpeggia nel Vecchio Continente, rinverdito dall'affaire Dreyfus, la politica colonialista assoggetta senza scrupoli i continenti asiatico e africano, mentre le inimicizie dei secolari Imperi Centrali danno fuoco alle polveri nella regione balcanica. In poche parole, si stanno gettando le basi per quell'instabilità politica e sociale che segnerà il Secolo Breve. Ma che come primo effetto dopo la Grande Guerra, avrà i Totalitarismi.
A lottare, senza successo, contro questa deriva, Luise, interpretata da Valentina Banci, una donna sognatrice, forse un po' volubile, ma inguaribilmente romantica, della quale l'attrice pratese esterna tutta la fragilità che le deriva dalle continue delusioni. Attratta da Scarron, fa le mosse di concedere qualcosa anche a Mandelstam, per evitarne i ricatti. Nella sua recitazione c'è tutta la delusa passione di una donna nata con mezzo secolo di ritardo.

Niccolò Lucarelli

Ultima modifica il Sabato, 19 Settembre 2015 22:15

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