di Peter Weiss
regia di Antonio Lo Presti
prodotto dal Teatro di Messina
Monte di Pietà di Messina dal 28 al 31 ottobre 2015
Sulla scia di Bertolt Brecht il teatro di Peter Weiss è diventato documento e atto d'accusa, ponendo il pubblico nel ruolo di giudice e critico severo anziché di passivo spettatore, come chiaramente si evince dai suoi lavori ruotanti attorno a temi di grande spessore politico. Si veda L'istruttoria (1965) celebre oratorio sul processo di Francoforte ai responsabili del lager di Auschwitz, La cantata fantoccio lusitano (1967) sull'oppressione portoghese in Angola, Discorso sul progresso della prolungata guerra di liberazione del Vietnam e gli eventi che hanno portato a essa come illustrazione della necessità della resistenza armata contro l'oppressione e sui tentativi degli Stati Uniti d'America di distruggere le fondamenta della rivoluzione (1968) dal lunghissimo titolo chiaramente incentrato sulla guerra del Vietnam, Trotskij in esilio (1969) e ancora un lungo titolo con La persecuzione e l'assassinio di Jean-Paul Marat, rappresentato dalla compagnia filodrammatica dell'ospizio di Charenton sotto la guida del marchese de Sade (1964), delle cui quattro versioni redatte viene ormai più spesso ricordato come il Marat-Sade. Weiss è pure autore d'un testo largamente rappresentato da giovani compagnie titolato Come il signor Mockimpott è liberato dal dolore ricco di ironie e bizzarrie dalle atmosfere del Kasperltheatre, col suo baraccone collocato nella piazza della fiera, tra giostre, imbonitori e illusionisti in pedana. Ma qui ci occuperemo del Marat-Sade, successo indiscusso di Peter Brook che lo mise in scena a Londra subito dopo la prima stesura del testo, realizzando due anni dopo un memorabile film sotto forma di teatro-filmato. Uno spettacolo corale ripreso poi nel 1974/75 dal palermitano Beppe Randazzo, allievo di Michele Perriera, mettendolo in scena nella sala Laudamo di Messina dal grande impatto visivo, con gli spettatori chiusi all'interno d'una grande gabbia di ferro (realizzata dagli architetti Sidoti e Lo Curzio) e i teatranti aldilà delle grate, rimasto certamente nelle antologie teatrali cittadine, reso vivo e giocato da una trentina di giovani aspiranti attori, tra cui emergevano oltre al duo Vetrano-Randisi anche un tenerello Antonio Lo Presti, che adesso, ancora affascinato da quelle aure rivoluzionarie, lo mette in scena in questo fine ottobre in una delle due sale del barocco Monte di Pietà, utilizzando circa ventisei promesse teatrali. Come è noto, il Marat-Sade è un'opera provocatoria che si svolge contemporaneamente su diversi piani narrativi, coinvolgendo e turbando il pubblico, in una continua oscillazione fra il teatro di Artaud e quello di Brecht. Il dramma si svolge all'interno del manicomio di Charenton, riprodotto qui da Lo Presti con una sfilza di bianchi listelli di legno intrecciati tutt'intorno al salone, giusto per dare l'idea della gabbia, pedonabile pure per via d'una passerella che confluisce su un piccolo palcoscenico di fronte al pubblico, formato da non più di 80 spettatori. Cantano "La Marsigliese" gli internati del manicomio all'inizio della pièce agghindati con lunghi camicioni bianchi e coccarde al petto col tricolore francese, accompagnati alla chitarra da Antonio Larosa. Il Marat di Lelio Naccari è posteggiato di lato su una tinozza, lontano invero da quel dipinto di David, la Charlotte Corday di Giulia Merlino è distesa supina nel lato opposto in uno stato di sonno apparentemente tranquillo, mentre al centro il Marchese de Sade è raffigurato da tre fanciulle agguerrite che decidono di allestire una rappresentazione teatrale sull'assassinio di Jean-Paul Marat. Gli attori sono i pazienti del manicomio che, con il permesso del direttore François Simonet de Coulmier (Dario Delfino) si dispongono a mettere in scena il dramma. Si assisterà allo scontro fra lo scettico intellettuale disincantato Sade, esegeta del male assoluto e portatore di una anarchia distruttiva, contro l'Utopia visionaria del rivoluzionario Marat, amico del popolo. L'azione si svolge su due diversi livelli: il primo è il dramma in sé, il secondo è costituito dalle continue interruzioni e dai battibecchi che si svolgono tra gli attori, il regista (Sade) e il direttore del manicomio Il dramma spiega gli avvenimenti che hanno portato all'instaurazione della Repubblica e gli anni successivi del Terrore e si nota sempre in primo piano il rivoltoso Marat con benda in testa, accudito amabilmente dalla sua serva-amante per una malattia della pelle, mentre dirige l'attività politica seduto in una vasca da bagno, intento a redigere documenti poggiandoli su una tavoletta di legno e si conclude con Charlotte Corday che ucciderà Marat nella fatidica vasca da bagno. Lo spettacolo di Lo Presti finisce qui senza che i pazzi, controllati e sorvegliati dagli infermieri e dalle suore, possano diventare violenti, dando botte da orbi agli stessi addetti alla sorveglianza dell'ospedale psichiatrico, malmenando pure il direttore e la sua famiglia e distruggendo anche il materiale scenico. Con i già citati giovani virgulti vanno ricordati Mario Aversa, Francesca Baudo, Maria Concetta Bombaci, Massimo Bonanno, Aurora Ceratti, Mariaelide Colicchia, Sergio Colajanni, Elisa Cortorillo, Roberta Costanzo, Carmela Crisafulli, Cristina De Domenico, Antonella De Francesco, Adele Di Bella, Eugenio Enea, Noemi Mirabella, Dino Parisi, Giusyrene Pellegritti, Giuseppe Scafidi, Marco Sergi, Maria Squillaci, Danila Tropea, Letizia Veneziano.-
Gigi Giacobbe