uno spettacolo di Edoardo Sylos Labini
da Massimo Fini, da un'idea di Pietrangelo Buttafuoco
Drammaturgia Angelo Crespi
Regista Assistente Paolo Merlini
con Sebastiano Tringali, Dajana Roncione, Giancarlo Condè, Gualtiero Scola, Paul Vallery
e con gli allievi attori della Adiacademy e con la partecipazione di Fiorella Rubino
Scene e Costumi Marta Crisolini Malatesta, Disegno Luci Pietro Sperduti
, Musiche originali Paul Vallery
Milano, Teatro Manzoni dal 4 al 16 maggio 2015
Nerone fra mito e calunnie
Riabilitazione della figura di Nerone, per un ambizioso progetto teatrale, che sfida "duemila anni di calunnie" e tenta di fare luce sull'infausta leggenda da anni legata alla figura dell'oscuro e temuto imperatore.
Edoardo Sylos Labini, in duplice veste di coordinatore e interprete del progetto, si dedica alla libera trasposizione drammaturgica dell'omonimo saggio di Massimo Fini.
Lettura del mito interpretata con spirito critico, creatività ed un certo stile. La regia di Paolo Merlini alterna, sapientemente, toni brillanti e accenti cupi e palesa un'ambientazione ispirata al filone dei drammi moderni: uno su tutti Riccardo III diretto da Richard Loncraine interpretato da Ian McKellen.
Sontuoso e ricco nella veste, questo adattamento di Nerone, assimilabile nel filone del teatro colossal: Il grande dispiego di mezzi, un nutrito cast artistico, (di cui ricordiamo anche gli attori della "ADI academy) e l'arrangiamento musicale delle arie adattate ed eseguite in scena da Dj Mimo (Paul Vallery).
Dietro al mito del tiranno
Cosa si nasconde dietro al mito? Quali e quanti misfatti celano le cronache storiche tramandate nel corso del tempo?
Una menzogna ripetuta all'infinito può di mutarsi in testimonianza ed ancora in verità storica?... La vita del terribile tiranno Nerone, folle o saggio imperatore: personaggio misterioso egualmente diviso fra vizi, incesti e lotte politiche contro il Senato per sradicare il dominio oligarchico.
Toni farseschi e metafore grottesche (la citazione dell'aria "La "Calunnia" dal Barbiere di Siviglia di Rossini, conferiscono al dramma un tono di leggera ferocia) ed introducono questa prima parte dai toni brillanti e in stile Broadway anni trenta.
I parte Onori e intrighi
Quadro di apertura efficace è il discorso alla plebe, (impersonata, in una chiave interattiva,dalla platea). Seguono le continue intromissioni e minacce dell'imperatrice Agrippina ( interpretata da una Fiorella Rubino, in toni battaglieri e sferza) l'untuosa ossequiente presenza di Seneca (Sebastiano Tringali) ed il duo kafkiano di consiglieri Otone e Fenzio Rufo (rispettivamente interpretati da Gualtiero Scola e Giancarlo Condé).
Contrapposta nel richiamo all'ordine e al dovere, è Poppea: neo sposa per vocazione o amante del potere? ...
Arte teatrale e buffonerie per un imperatore incapace di scegliere fra ragione di Stato e divertimento.
Malessere e disincanto, anticipate anche nelle "clownerie" di petroliniana memoria. Le parole rivolte dal tiranno al popolo, sono la risposta alle accuse, e suonano come la parte recitata da un guitto di scarsa memoria quanto ansioso di strappare immeritate risate... In questo passaggio si palesa una tragica identità di vendute fra i due antagonisti. Né Seneca né Nerone riconoscono dignità di pensiero al popolo di Roma.
Una nota di merito va alla drammaturgia intensa e disincantata di Angelo Crespi: sguardo obbiettivo sul dominio e su coloro che lo esercitano. Visione che richiama alla memoria la metafora Orwelliana sul potere : "Potere è lo stivale che calpesta un volto umano, in eterno ...."
II parte processo al potere e nemesi
Gli amplessi di Nerone e Agrippina, della prima scena, anticipano il tono di decadenza e rovina degli eventi in corso.
Sarabande di Handel, scene e disegno luci (a cura di Marta Malatesta, Pietro Sperduti) in stile caravaggesco per la discesa di Nerone nel baratro della follia:
La morte di Poppea e la perdita dell'erede atteso, eventi concreti e fantasie si mescolano in una mente malata e su tutto domina lo spettro dell'imperatrice, evocata in una nuvola oscura e fluttuante, efficace metafora dei pensieri ossessivi di Nerone.
Nel finale la piacevole sorpresa di un teatro che svela se stesso. La messa in scena si è conclusa e Nerone torna ad essere attore di una farsa dai toni neri passata alla storia .
Cast artistico ampio e nell'insieme ben assortito. Qualche intonazione da calibrare fra prima e seconda parte, per Dajana Roncione, (Poppea). Grande pathos e atmosfera nella scena fra Seneca e Nerone: Tringali : convincente nella sua caparbia difesa dei diritti di casta, svela attraverso l' abile arte della retorica l'inconsistenza delle barriere che separano le diverse concezioni di potere.
Processo istruito contro l'uomo e la sua corruttibilità dinnanzi al potere. Non esistono innocenti da salvare: ognuno è destinato alla propria nemesi.
Kolossal teatrale dai validi contenuti, vivamente consigliato ad appassionati di best seller storici.
Francesca Bastoni