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VICERÈ (I) - regia Guglielmo Ferro

Pippo Pattavina in "I Vicerè", regia Guglielmo Ferro Pippo Pattavina in "I Vicerè", regia Guglielmo Ferro

di Federico De Roberto
Regia di Guglielmo Ferro
Interpreti: Pippo Pattavina, Sebastiano Tringali, Mario Opinato, Francesca Ferro, Rosario Marco Amato, Nadia De Luca,
Giampaolo Romania, Francesco Maria Attardi, Elisa Franco, Pietro Barbaro, Giovanni Fontanrosa, Alessandra Falci,
Giuseppe Parisi, Federica Breci, Diana D’Amico, Ruggero Rizzuti
Scene: Laboratorio ABC. Costumi: Sartoria Pipi Palermo.  Direttore di Scena: Salvo Patania
Assistente alla Regia: sia Zaracone. Macchinisti: Tomas Patania, Franco Sardo
Fonica: Saro Calvagna. Luci: Santi Rapisarda. Sarta: Isabella Sturniolo
Organízazione Ass. Progetto Teatrando, Argoran
Pproduzione: Ass. Cult. Progeto Teatrando
Giardino Corallo di Messina 20 agosto 2023

www.Sipario.it, 21 agosto 2023

Questa edizione de I Vicerè di De Roberto messa in scena agilmente da Guglielmo Ferro nel Giardino Corallo di Messina si ricorderà soprattutto per la magnifica interpretazione di Pippo Pattavina nel ruolo di Don Blasco: monaco benedettino più per interesse che per vocazione, puttaniere, baro al gioco delle carte e nella vita, bulimico di cibo, vino, tabacco e donne, in grado d’avere tre amanti, oltre la Sigaraia pure donna Rosa e donna Lucia e una dozzina di figli sparsi qua e là, dotato di fine intelligenza e ironia, pettegolo sensuale e corrotto, fiero avversario dei liberali che succedono ai borboni, e diabolico a sfruttare le nuove amicizie dopo la rivoluzione del 1861, acquistando terre e fondi dagli ordini religiosi, ma soprattutto gran parlatore e grande incantatore del suo aristocratico parentado. Il diabolico personaggio staziona quasi sempre nel proprio palazzo degli Uzeda di Francalanza a Catania (sintetizzato scenicamente da una serie di pannelli scorrevoli su cui si stampano le proiezioni dei vari ambienti) in particolare dopo la morte della principessa Teresa, certamente più temuta che amata dai suoi stessi figli.  In primis Giacomo dell’irruento Giampaolo Romania, diventato quasi il padrone dei beni ereditati dalla madre, egoista e spilorcio al punto da mettere in giro la voce che quel lascito è gravato da forti debiti e che urgono sacrifici di tutti.  Educa il figlio Consalvo (da ragazzo Ruggero Rizzuti, da adulto Francesco Maria Attardi) senza affetto, anzi castigandolo per le sue marachelle e farà in modo che il fratello Raimondo (Rosario Marco Amato) lasci la sua amante Isabella per riunirsi con la moglie Margherita e stabilirsi a Firenze.  Spiccano i due fratelli di Don Blasco, rispettivamente il Don Gaspare di Sebastiano Tringali che verrà nominato deputato del nuovo parlamento italiano, e farà parte poi di alcuni sistemi bancari su cui speculerà a larghe mani e l’incurvata Ferdinanda di Elisa Franco, avara, ignorante, chiusa nel suo feroce odio per le idee nuove. Consalvo da canto suo sarà come il Tancredi del Gattopardo, tutto rivolto ai cambiamenti politici e preso dal sogno ambizioso di ereditare il posto dello zio Raimondo. Si fa notare il servizievole Baldassare di Pietro Barbaro, procuratore e amministratore generale di casa Uzeda e il Giulente di Mario Opinato che aspira a diventare sindaco di Firenze, ma verrà battuto in volata giusto da Consalvo. Le donne qui sono caparbie come Lucrezia (Francesca Ferro) che vuole sposare ad ogni costo Giulente o incazzate come Chiara cui le nasce una figlia morta e spinge il marito Federico (Giuseppe Parisi) ad ingravidare la serva Rosa. Sedici personaggi in scena, come raramente si vede in questi tempi di ristrettezze, agghindati con acconci costumi ottocenteschi, che raccontano, in due ore e in due tempi, la storia di questa antica famiglia catanese d’origine spagnola, negli ultimi anni della dominazione borbonica in Sicilia, abbracciando almeno tre decenni della seconda metà dell’Ottocento, alla vigilia della nascita dello Stato italiano. Certamente non era facile sintetizzare tutti gli avvenimenti che si raccontano in un romanzo di più di 600 pagine, ma credo che Guglielmo Ferro sia riuscito a farci entrare nelle stanze di quel palazzo e farci respirare tresche, complotti e affari, farci capire pure, senza annoiarci, con quel pistolotto finale ad opera di Pattavina/Don Blasco, in accordo pure col Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, che Se vogliamo che tutto cambi, bisogna che tutto rimanga com’è”. 

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Venerdì, 25 Agosto 2023 12:12

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