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PERFORMANCE - regia Giampiero Solari

Virginia Raffaele in "Performance", regia Giampiero Solari Virginia Raffaele in "Performance", regia Giampiero Solari

regia di Giampiero Solari
scritto da Virginia Raffaele, Giampiero Solari, Piero Guerrera e Giovanni Todescan
con Virginia Raffaele
Produzione ITC2000, Distribuzione Terry Chegi
l'11 dicembre 2016, al Ponchielli, Cremona

www.Sipario.it, 15 dicembre 2016

L'indefinibile e comicissima fenomenologia della Performance ha in Virginia Raffaele il suo irriverente cantore, un'icona in cui pop e comicità, abilità da trasformista ed eredità televisive si coniugano nello spazio astratto e multimediale del palcoscenico. E basta che sui sei schermi che definiscono lo spazio compaia il faccione di Marina Abramovic che l'applauso parte ed inizia Performance di Virginia Raffaele, impegnata in un tour all'insegna del tutto esaurito, seguita come una Madonna pellegrina da un pubblico itinerante, variegato, tendenzialmente di mezza età dai trent'anni fino ai cinquanta o poco più. Sei megaschermi che come sei quinte ruotano e moltiplicano Virginia Raffaele, ladra di facce e di identità, una, nessuna e centomila altre donne, rigorosamente vip, vippissime, consacrate dalla tv e dallo star system. Virginia Raffaele è intenibile, perfetta nel suo trasformarsi, cambiare carattere, eppure mostrare una padronanza del corpo e della comicità che affascinano, insieme al metro abbondante di gambe da capogiro. Anche l'occhio vuole la sua parte e ne ha ben donde. E allora si parte con Roberta Bruzzone in completo pelle sadomaso, criminologa sulle tracce di Virginia accusata di rubare l'identità alle sue vittime. Evidentemente un pretesto che fa da detonatore alla carrellata di caratteri e personaggi che l'attrice sa infilare uno dietro l'altro con un trasformismo degno di Fregoli, a tal punto da fare concorrenza ad Arturo Brachetti. I siparietti video di qualche minuto bastano perché dalla criminologa Raffaele si trasformi in Francesca Pascale che a metà fra la Carrà e Liza Minelli di Cabaret racconta del suo Silvio, delle sue tate, del Bunga Bunga, del piccolo Silvio che non s'accontenta più della P2 e vuole la nuova P3. Applausi e intanto la nostra inanella un balletto e fa il verso alla Raffa nazionale. Altro stacco video, altro girar di schermi ed eccola comparire procacissima da fondo platea, boccoloni biondi ondeggianti, mini mozzafiato, ecco Belen. 'Paparazzo', grida e chiede di fare selfie a più non posso, si piega come una Barbie con in più il tacco dodici. Il pubblico si lascia andare ad un'orgia di selfie e video, da condividere subito... Insomma tutti i riti della massmedialità sono compresi nel prezzo, ma c'è spazio anche per la poesia di Paula Gilberto Do Mar, la poetessa brasiliana e poi per Ornella Vanoni che tiene banco per buona parte di performance, capolavoro di mimetismo e imitazione a tal punto che durante il festival di Sanremo 2015 l'originale ebbe di che risentirsi perché in molti credettero che fosse realmente ospite del festival della canzone italiana. Virginia Raffaele si conferma un fenomeno non solo televisivo, ma anche teatrale, in grado di coniugare immagine e presenza fisica, in grado di ballare, cantare, far ridere e trasformarsi in quelle sue donne che dicono di noi, dicono del nostro presente e alla fine finiscono col sembrare maschere un po' tristi. Ma non c'è tempo di realizzare troppo, Virginia Raffaele corre, si trasforma e rischia di sembrare anche lei solo un video, un'immagine, tanto fugace quanto istantanei sono i suoi cambiamenti d'abito e la sua bravura di comico con la gonna... anche se mini, mini. Il pezzo conclusivo spetta a Marina Abramovic, personalità che fa da filo conduttore all'ora e mezza abbondante di show e permette di offrire una riflessione su cosa è la performance dalla sua indefinibilità, fino ad approdare alla parodia. La performance – sembra suggerire l'attrice – sta nel disvelamento di ciò che appare e non è e allora fa effetto lo smascherarsi di Virginia Raffaele che come Nostra Dea di Bontempelli senza le identità delle sue donne non riesce ad articolare neppure il suo nome, quasi che senza le sue maschere l'attrice sia destinata a non avere più identità, a non saper pronunciare neppure il proprio nome e cognome in senso compiuto. Il tutto ovviamente raccontato, meglio agito con dissacrante comicità, con allegra parodia. I bis è affidato all'imitazione di Carla Fracci che nel Ponchielli è accolta con un boato di entusiasmo un po' perché Carla Fracci ha origini cremonesi, un po' perché l'étoile è forse una delle imitazioni meglio riuscite di Virginia Raffaele in bilico fra mimetismo e spietata parodia. Trionfali applausi per un successo più che annunciato e meritato.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Giovedì, 15 Dicembre 2016 19:10

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