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QUESTA COSA VIVENTE DETTA GUIDO GOZZANO - regia Flavio Ambrosini

Questa cosa vivente detta Guidogozzano Questa cosa vivente detta Guidogozzano Regia Flavio Ambrosini

uno studio di e con Flavio Ambrosini e Renato Palazzi
regia di Flavio Ambrosini
produzione Teatro GiocoVita, a Piacenza
Teatro Comunale Filodrammatici, 8 ottobre 2012, debutto nazionale

www.Sipario.it, 10 ottobre 2012

E' un divertissement, ma è anche un invito a vedere o riconoscere Guido Gozzano sotto una luce nuova, crepuscolare nel senso più inquietante del termine, laddove il crepuscolo dà adito a visioni inespresse, a dolori sommersi, a nostalgie brucianti. Il divertissement è quello che lega il drammaturgo e regista Flavio Ambrosini e il critico de «Il Sole 24Ore», Renato Palazzi, due innamorati del teatro con percorsi professionali differenti, ma accomunati da quella strana malattia che è la scena e che ha portato il critico del domenicale – figura autorevole del giornalismo teatrale italiano – a mettersi alla prova dall'altra parte, a sperimentare quel che vuol dire essere recensiti e stare sul palcoscenico e, forse, a realizzare un sogno: fare l'attore, il regista fare quello a cui ogni sera Palazzi assiste da 'spettatore professionista'. E così la coppia dopo il Goethe schiatta di Thomas Bernhard, ora si cimenta in Questa cosa vivente detta Gidogozzano, un racconto agito e recitato da Renato Palazzi in un interno borghese fatto di 'tante piccole cose di cattivo gusto', segni di un'infanzia lontana di cui si avverte una certa nostalgia. Una gabbietta, una culla, il secchiello con le palette per la sabbia, la presenza insistente di specchi che riflettono un io perso e disperso fanno da sostegno alle parole, guidano il critico del «Sole 24 Ore» in un racconto della memoria e del dolore, in una conversazione con la morte e non solo, che fanno dire: Guido Gozzano è qualcosa di più del poeta che si studia velocemente o si studiava a scuola. In tutto ciò Questa cosa vivente che si chiama Gudogozzano – prodotto dal Teatro GiocoVita – ha una sua valenza didattica, permette di mostrare un lato poco indagato del poeta crepuscolare, evidenzia un cupio dissolvi, un rapporto conflittuale con le figure parentali e il proprio io sognante e melanconico che sarebbe piaciuto al dottor Freud. Questa possibilità analitica di guardare in altro modo all'autore del La signorina Felicita come a qualcosa di vivo, e in quel qual-cosa c'è ma reificazione delle parole, c'è il percorso oggettuale in cui si muove l'azione di un divertimento amplificato dall'allestimento sul palcoscenico del Filodrammatici in una condivisa e attenta vicinanza col pubblico.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Domenica, 11 Agosto 2013 09:37

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