di Pier Paolo Pasolini
con Antonello Fassari
accompagnamento musicale Sergio Mascagni
regia Antonello Fassari
Teatro Verdi di Pordenone 2 novembre 2017
Il 2 novembre 2017, in concomitanza con le iniziative commemorative di Pierpaolo Pasolini, organizzate in occasione dell'anniversario della scomparsa dal Comune di Pordenone, il Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa e la Fondazione Pordenonelegge.it, si è tenuto al Teatro Verdi di Pordenone lo spettacolo La ricotta con la regia e l'interpretazione di Antonello Fassari e le musiche composte ed eseguite dal vivo alla chitarra da Sergio Mascagni, che ha voluto rendere omaggio alla figura e all'arte narrativa, teatrale e cinematografica del poeta barbaramente ucciso nel 1975. Lo spettacolo, che debuttò nel 2004 al Festival di Todi, ha infatti conservato inalterata la struttura bipartita: nella prima parte Fassari recita il racconto La ricotta che Pasolini desunse dalla sceneggiatura omonima del 1963 e che pubblicò due anni dopo nella raccolta Alì dagli occhi azzurri; nella seconda si assiste alla proiezione del mediometraggio inserito nel film antologico RoGoPaG del 1963 in cui Pasolini era affiancato da Roberto Rossellini, Jean-Luc Godard e Ugo Gregoretti. L'opera cinematografica di Pasolini, come era già accaduto negli anni '50 per i suoi romanzi ambientati nella periferia romana, in particolare Ragazzi di vita, suscitò violente polemiche e campagne di stampa denigratorie che approdarono alla censura e al sequestro della pellicola, seguiti da un procedimento penale da cui l'autore uscì assolto dopo un'iniziale condanna e strascichi giudiziari protrattisi per gli anni a seguire. L'accusa ufficiale contro La ricotta fu di "vilipendio alla religione di Stato" ed era stata in qualche modo prevista da Pasolini che prima dei titoli di testa del mediometraggio aveva apposto una dichiarazione in cui, oltre ad anticipare gli interessati fraintendimenti della propria opera cinematografica da parte dell'establishment e dei benpensanti, aveva professato il suo profondo rispetto e amore per la sacra storia della Passione di Cristo. La breve ma emblematica vicenda della Ricotta è infatti intrisa di uno struggente afflato religioso, soprattutto nella pietas per il protagonista Stracci, un misero sottoproletario padre di una numerosa famiglia che in qualità di comparsa impersona il ladrone buono in un film sulla Passione che un regista cattolico-marxista sta girando nella campagna romana. Ciò che evidentemente impediva di cogliere nel giusto valore il nucleo tragicomico della vicenda del "morto di fame" destinato a perire realmente sulla croce per un'indigestione dovuta all'eccessivo pasto (a base di ricotta) consumato frettolosamente poco prima di tornare sul set, era l'attacco frontale che Pasolini portava alla borghesia, sia attraverso le dichiarazioni di fuoco del regista del film (alter-ego dell'autore) sulla crassa ignoranza e lo spirito di sfruttamento e rapina della classe dominante, che attraverso la figura del giornalista incaricato di intervistarlo (apostrofato dal regista come tipico "uomo medio", "qualunquista, razzista, colonialista" ecc.) e anche nella raffigurazione del mondo dell'arte, in questo caso cinematografica, asservito al sistema di produzione industriale capitalista. Durante la scena della Deposizione, allestita dal regista secondo i canoni dell'arte rinascimentale (in cui, come in altre occasioni, Pasolini si rifà ai dipinti del Pontormo e di Rosso Fiorentino) la dialettica di apoteosi e derisione raggiunge l'acme nelle continue interruzioni della tensione mistica causate dalla refrattarietà professionale e culturale di gran parte degli attori-comparse vanamente irrigimentati dalle maestranze della produzione cinematografica. Si tacciava di blasfemia quindi una inaccettabile critica socio-culturale e ugualmente intollerabile doveva apparire l'assimilazione alla figura cristologica di un anti-eroe reietto e non integrabile come Stracci, come già era accaduto con altri protagonisti sottoproletari di romanzi e film pasoliniani.
Fassari predilige la poetica pasoliniana degli anni '50-'60 che dà centralità al sottoproletariato attribuendo valore sacrale alla persona umana, e si è accostato al testo pasoliniano con grande rispetto e forse con qualche timore reverenziale, trattandolo come un classico della modernità da porgere al pubblico con toni recitativi sobri e misurati, non del tutto in sintonia con l'impasto di "lacrime e sangue" della tragicomica vicenda di Stracci. Questo aspetto di compostezza e correttezza formale è stato maggiormente palpabile nelle fasi in cui l'attore ha rivestito il ruolo di narratore in cui, se da un lato la morbidezza del flusso verbale ha stemperato la crudeltà della vicenda, dall'altro l'approccio interpretativo ha difettato di unitarietà nel giustapporsi di toni rievocativo-elegiaci, drammatici, fiabeschi, lirici, rimanendo complessivamente al di qua della tensione espressionista che attraversa la scrittura pasoliniana e che nella versione cinematografica esplodeva in un irresistibile e sferzante grottesco. Il compromesso tra l'originaria forma di "lettura scenica" in cui è stato concepito lo spettacolo e la rappresentazione teatrale vera e propria tende a nuocere alla messinscena e va a detrimento dell'ottima prova attoriale di Fassari che ha dimostrato grande versatilità nei frequenti passaggi dalla veste di attore-narratore a quella di interprete dei vari personaggi nei cui panni si è calato in modo partecipato e convincente. Da ricordare in questo senso almeno due passaggi: quello dell'accelerazione nelle reiterate corse di Stracci verso l'agognato pasto con movenze mimiche alla Charlot e le scene della crocefissione in cui, senza mai eccedere nella caratterizzazione popolaresca, l'attore romano ha reso al meglio l'intensità della condizione esistenziale di Stracci e dell'altro popolano che interpreta la parte di Gesù.
Le musiche di Sergio Mascagni hanno efficacemente sottolineato alcuni momenti significativi dell'azione e introdotto in modo suggestivo i cambi di scena. L'alternanza tra musiche preregistrate tratte dal mediometraggio e brani composti ex novo da Mascagni e a volte contaminati, nell'esecuzione dal vivo e grazie ad effetti elettronici, con la colonna sonora originale, è stata opportunamente in linea con l'intento di rievocazione della memoria e dell'arte di una delle figure più scomode e determinanti nella storia culturale del nostro paese.
Lorenzo Mucci