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SEMPLICEMENTE COMPLICATO - regia Cesare Lievi

Semplicemente complicato Semplicemente complicato Regia Cesare Lievi

di Thomas Bernhard traduzione: Umberto Gandini
scene: Joseph Frommwieser
luci: Gigi Saccomandi
regia: Cesare Lievi
con Stefano Santospago
Roma, Piccolo Eliseo, dal al 17 maggio 2009
produzione Teatro Biondo Stabile di Palermo e Centro Teatrale Bresciano
Teatro Santa Chiara, Brescia dal 13 marzo al 1 aprile 2010 e dal 6 aprile al 11 aprile 2010

www.Sipario.it, 14 giugno 2010
Il Messaggero, 9 maggio 2010

E' uno dei vecchi di Thomas Bernhard, uno di quei personaggi che come ne Il Riformatore del mondo, in Alla meta o in Prima della pensione affidano alla loro vecchiaia e alla loro prigione volontaria l'impossibile e grottesca commiserazione per l'endemico fallimento esistenziale. Protagonista di Semplicemente complicato è un vecchio attore che 'prigioniero' del suo appartamento infestato dai topi passa l'esistenza non solo a recriminare, ma a raccontare il fallimento della sua vita, a dire del rapporto conflittuale col teatro, col mondo e alla fine con se stesso. L'unico rapporto col l'esterno è costituito dalla visita di una bambina che gli porta un po' di latte, lette che immancabilmente butta via. Come spesso accade ai personaggi di Bernhard quell'appuntamento, quel brandello di umanità diviene il segno che cadenza la monotonia e il ripetersi si un'esistenza folle che ha nella scrittura vorticosa dell'autore austriaco il suo valore e ritmo semantico. E' come se le parole risucchiassero l'esistenza degli uomini che le pronunciano, una sorta di horror vacui che forse alla prova d'attore di Stefano Santospago manca. L'attore si mantiene su un livello di ottima accademia, fa sua le parole di Bernhard ma non rinuncia a certi istrionismi che rendono di maniera quell'uomo che è solo accidentalmente un attore, ma è senza dubbio la rabbia incarnata di Bernhard nei confronti delle falsità del mondo. Cesare Lievi regista acuto, attento analista delle drammaturgie che prende in mano fa questo del testo di Bernhard: lo analizza, lo seziona, lo scompone, quasi lo traduce in un tutto continuo, in una linea retta della narrazione, laddove la forza della scrittura di Thomas Bernhard sta nell'ellissi, nel vortice che avvolge tutto e tutto della sua ripetizione di follia. La stessa scena di Josef Frommweiser si articola in moduli, in rettangoli alla Mondrian, in spazi geometrici regolari che rappresentano – più o meno consciamente – l'approccio stesso di attore e regista a quel Semplicemente complicato che è storia di una vita, che è non racconto, ma l'incartarsi, il girare a vuoto di un discorso che nel suo non arrivare a nulla denuncia il disagio non solo di un singolo ma della civiltà. In Semplicemente complicato Stefano Santospago fa l'attore, lo fa stroppo, è troppo consapevole di sé e non riesce o può frequentare la vertigine nihilista di Thomas Bernhard.

Nicola Arrigoni

Santospago "invecchia" per Bernhard

Thomas Bernhard e un testo Semplicemente complicato, sarcastico, commovente, sull'autosegregazione di un ex attore ottantaduenne. L'attore immortala i pensieri di un giorno qualsiasi registrando i propri discorsi, rivolti a un suo ipotetico doppio. La coscienza fluisce e il nastro gira, nella direzione opposta a quello di Krapp, grazie al quale il protagonista beckettiano (trent'anni prima) riviveva un momento felice della sua esistenza. L'attore non ha mai provato gioia, forse perché non era un sentimento abbastanza filosofico. Si è costruito il personaggio dell'intellettuale disincantato (ma non troppo), incompreso (ma non troppo), misantropo (ma non troppo), e ora non riesce, neanche nella solitudine di una stanza invasa dai topi, a uscirne. "Ho pensato troppo a Shakespeare quando recitavo Shakespeare", dice. Così Stefano Santospago, che Cesare Lievi ha voluto per questa parte, invecchiato dal trucco e a tratti davvero intenso, pensa troppo a Bernhard mentre recita Bernhard. E in fondo fa il gioco dell'autore, gli dà quello che vuole. Non è solo teatro nel teatro, è conflitto tra arte e vita. Autodistruzione premeditata. Non è un caso se l'uomo una volta al mese tira fuori dal baule la corona di Riccardo III e se la calca sulla testa fino a far uscire il sangue. La sua corona di spine è il teatro, nella sua platea è ammesso un solo spettatore: la bambina che gli porta il latte. Al Piccolo Eliseo fino al 17.

Paola Polidoro

Ultima modifica il Giovedì, 03 Ottobre 2013 09:28

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