Voyage en Italie, Prato
dall'opera del Marchese de Sade
con Enrico Frattaroli, Franco Mazzi, Anna Cianca, Galliano Mariani, Catia Castagna, Mariateresa Pascale, Viviana Mancini, Enrico Venturini (live electronics), Tibo Gilbert (organo elettrico e luci)
regia Enrico Frattaroli
una produzione Neroluce (frattaroli & mazzi) in collaborazione con Florian-Teatro Stabile d'Innovazione con il patrocinio dei Servizi Culturali dell'Ambasciata di Francia in Italia e il sostegno dei Nuovi Mecenati/Nouveaux Mécènes
Teatro Fabbricone, Prato 3/5 maggio 2013
L'estetica del sadismo secondo Enrico Frattaroli
Una donna completamente nuda accompagna gli spettatori all'interno della scena teatrale, un ambiente freddo e illuminato solo da alcuni candelabri: un'atmosfera interessante di tensione e mistero che si trasforma subito in raccapricciante. Una fanciulla (Viviana Mancini), simbolo dell'innocenza, viene spinta nelle stanze del marchese de Sade, il quale senza alcun ritegno la uccide. Da qui in poi è un'escalation di cattiveria e bestialità, a volte talmente esagerata che diventa ridicola. Niente viene lasciato all'immaginazione, all'interpretazione.
Come in un lungo rito demoniaco, vengono rappresentate tutte le brutali fustigazioni che il marchese impiegava o di cui parla nei suoi testi. In questo caso la sua vittima è un prete (Galliano Mariani), simbolo della moralità della Chiesa tanto criticata dall'autore, che si rifiuta di accettare l'ideologia che viene esposta dai due filosofi (Franco Mazzi e Anna Cianca).
L'uomo, completamente nudo, viene picchiato, frustato, morso, violentato, sgozzato. Sorge spontanea la domanda se tutto questo sia necessario o solo finalizzato a creare scandalo, perché sembra fine a se stesso, giacché i momenti apparentemente meno aggressivi sono quelli più efficaci. È un esempio la scena in cui il libertino (Enrico Frattaroli) lava i testicoli e il pene al prete, per poi bere lo stesso liquido che ha utilizzato per lavarlo. È un momento disgustoso, che crea veramente disagio e imbarazzo nel pubblico, senza essere eccessivo. Come nel finale, quando il prete ormai completamente distrutto è disteso in un panno di plastica e il suo corpo magro sembra quello del Cristo fustigato. Queste due situazioni sono la dimostrazione che l'iperealistica violenza fisica non è necessaria e, nella continua ripetizione, rischia di diventare noiosa.
Il suono monotono delle percussioni abbinato al rumore del marchingegno che scende, con la catena dove la complice legherà l'uomo, diventa una nenia. Lo stesso vale per i discorsi dei due filosofi, a tratti interessanti, ma le cui parole si perdono, non si riescono a seguire. Affrontano temi come l'omicidio, la fede, il sesso, ma limitandosi a sparare sentenze, senza porsi veramente in contatto con gli altri personaggi o con il pubblico. In conclusione, Sade: opus contra naturam non è uno spettacolo che fa riflettere, ma si limita a creare scene rivoltanti.
Sara Bonci