Vita straordinaria di San Gennaro
Testo e drammaturgia: Roberto Saviano e Mimmo Borrelli
regia: Mimmo Borrelli
con Roberto Saviano e Mimmo Borrelli
musiche, esecuzione ed elettronica: Gianluca Catuogno e Antonio Della Ragione
scene: Luigi Ferrigno
costumi: 0770
luci: Cesare Accetta
produzione: Piccolo Teatro di Milano – Teatro d'Europa
Milano, Piccolo Teatro Grassi dal 5 al 17 aprile 2016
Una prosa pulita e cristallina alternata a liriche poetiche sfaccettate e virulente nella 'sonata a quattro mani' di Roberto Saviano (Napoli 1979), giornalista, scrittore e saggista, e Mimmo Borrelli (Napoli 1979), attore, drammaturgo e regista teatrale di grande talento che ha affascinato Toni Servillo e ora Saviano. I due partendo dalla vita di San Gennaro e dal suo martirio disvelano attraverso diversi e importanti momenti storici una Napoli viva, palpitante e contraddittoria in cui coesistono bene e male, elementi inconciliabili altrove, ma non nella città partenopea dove tutto è possibile anche l'incontro tra due personalità così differenti unite in una meravigliosa sinergia per evidenziare e fare prendere coscienza dell'epopea di questa città che ha come simbolo San Gennaro mediatore tra virtù e vizi, 'napoletanità' e cielo...
Afferma Saviane - di cui non si può non ricordare l'impegnata lotta contro la camorra che ha il suo epicentro nell'ormai celeberrimo Gomorra mal tollerato dai soggetti chiamati in causa, assolutamente privi di senso umoristico che migliorerebbe la coscienza critica verso se stessi - che il Santo (decapitato a 33 anni come Cristo), decisamente atipico e plasmato sulla poliedricità partenopea, protegge e aiuta solo i Napoletani anche se disonesti, ladri... chissà forse più questi ultimi e quindi anche i camorristi... e che pare non ci sia molta speranza per gli altri Italiani di ricevere aiuto da lui a meno che non si trovino all'estero...
Incipit dei 'sei atti di sangue' in cui è articolato lo spettacolo è una descrizione enfatica del Boia, figura determinante nei periodi in cui è in voga la pena di morte. Questa volta - siamo nel 305 d. C. all'epoca delle persecuzioni di Diocleziano - la vittima illustre è Januario (appunto Gennaro), vescovo di Benevento che condotto al patibolo del vulcano di Solfatara a Puteoli (antico nome di Pozzuoli) si lascia andare a un monologo di straordinario impatto, ma di scarsa comprensione (come altri brani recitati da Borrelli) in quanto espresso in un idioma immaginifico e dalle straordinarie sonorità creato ad hoc. Al riguardo si è sentita la mancanza di sovratitoli che, malgrado il lieve potere di distrazione dal dipanarsi dell'azione, agevolerebbero nella comprensione di parole in versi quand'anche, come in questo caso, sconnesse, concitate e gravide di dubbi e sensi di colpa verso i compagni che Januario sta trascinando con sé.
Un fluire di storie alcune sconosciute o dimenticate (frutto di seri studi e approfondimenti che evidenziano radici antiche in alcuni miti intramontabili) di cui Saviano è il persuasivo e misurato narratore mentre Borrelli rappresenta l'humus istintivo, passionale e viscerale della città che comunque pare conservare inalterati i suoi contrasti senza adoperarsi per mutare, cambiare o sanare quasi per un fatalismo atavico maturato accanto al minaccioso Vesuvio, immutabile nella sua pericolosità.
Uno spettacolo che incuriosisce, interessa, attrae e diverte anche per i rimandi all'oggi - ma non è un napoletano quel Giambattista Vico che parlava di corsi e ricorsi storici - e per la barocca maestosità esaltata da una musica (eseguita dal vivo) con toni che accentuano in alcuni momenti l'irrazionale.
Wanda Castelnuovo