scritto e diretto da Cristina Comencini
con Ennio Fantastichini e Iaia Forte, Marina Occhionero e Nicola Ravaioli
scene Paola Comencini
costumi Antonella Berardi
co-produzione Compagnia Enfi Teatro e Teatro Stabile del Veneto
Livorno, Teatro Goldoni, 27 Marzo 2018
Tempi nuovi, (nemmeno tanto)
Il trionfo della banalità.
Non ci sono altre possibili parole per descrivere lo "spettacolo" che è andato in scena al Teatro Goldoni di Livorno. Questo, difatti, si trascina da uno stereotipo all'altro e le battute, (poche), che riescono a strappare qualche sorriso non lo possono certo salvare. Non vorrei accennare neanche al messaggio, (misero e pressapochista), che l'ideatrice tenta di dare, ma è doveroso.
La vena principale di questo "spettacolo" si snoda nel rapporto tra Giuseppe, professore di Storia, uomo di circa mezza età, poco propenso all'uso della tecnologia, e sua moglie, X, giornalista, obbligata dalla sua professione ad adattarsi ai nuovi mezzi di comunicazione.
Nello svolgimento raffazzonato che lo spettatore deve sorbirsi per tutta la durata, circa un'ora e venti, vengono inserite tematiche di grande spessore e attualità, ma che vengono proposte attraverso scambi di battute banali e scialbe.
Non solo poi c'è da sottolineare una sceneggiatura debole, senza potenza narrativa, nemmeno poi comica, se non forse involontariamente, ma c'è da aggiungere in diversi momenti la poca aderenza recitativa degli attori ai propri personaggi, che lo spettatore può percepire chiaramente.
A soluzioni scenografiche di ottimo impatto visivo, la scena si apre infatti con una bellissima libreria stracolma di libri, si legano scelte registiche particolarmente discutibili: Giuseppe, infatti, senza nessun percorso di "crescita", o meglio di anticlimax, improvvisamente dopo essere stato ricoverato in ospedale sembra subire una "trasformazione", divenendo abile all'uso di ogni mezzo informatico e di comunicazione moderno, ma perdendo il proprio bagaglio culturale.
Sicuramente le scelte semplicistiche che permettono allo spettacolo di potersi snodare sono lo specchio stesso della superficialità che si tenta malamente di denunciare. Il tentativo di omaggiare la Commedia Italiana non riesce assolutamente, a meno che per Commedia Italiana la regista non abbia preso come propria ispirazione i Cinepanettoni che tanto hanno dato alla cultura italiana, e che alcuni speravano almeno in Teatro di non dover vedere.
Matteo Taccola